sabato 10 giugno 2017

Riflessione critica sulla celebrazione di "Cinquecento anni di Riforma Protestante”

Condivido questo interessante articolo. Come al solito il testo è in nero e le riflessioni in arancio sono mie.



“Cinquecento anni di Riforma Protestante” è il titolo scelto da alcune Chiese cristiane evangeliche tradizionali milanesi per celebrare il cinquecentesimo anniversario della Riforma protestante e l’avvento dello Spirito santo nel giorno di Pentecoste. Per l’occasione, il 3 giugno scorso, è stato indetto un “Culto di Pentecoste” presso il teatro Dal Verme a Milano, avvenimento ripreso da Rai 2 e ritrasmesso domenica 4 giugno (è tutt’ora visibile su Rai Play). 

Io c’ero in quel teatro, seduto a metà platea, desideroso di poter assistere a un momento veramente evangelico, capace di proporre a un pubblico molto vasto - considerando la mediazione della televisione di Stato - quella testimonianza fortemente legata ai solidi principi del Vangelo  riscoperti 500 anni fa e riassunti nei cinque Sola: Sola Fede, Sola Grazia, Sola Scriptura, Solo Christus, Soli Deo Gloria.  

Ho ascoltato attentamente ogni parola, ma non ho sentito alcun cenno al cuore della Riforma, alla sua sostanza, al fattore che scatenò l’interesse dei padri riformatori che con coraggio e profonda convinzione vollero prima avvertire la chiesa del deragliamento che essa stava vivendo, e poi vi si dovettero opporre con la verità ispirata dalla Scrittura. 

Subito all’inizio, alla presenza di mons. Angelo Scola, arcivescovo di Milano, è stata data lettura della “Dichiarazione congiunta delle chiese protestanti italiane in occasione del 500° anniversario della Riforma protestante”, che al punto 7 così recita: «Noi, chiese evangeliche di diverse tradizioni, rendiamo grazie a Dio per averci condotto oggi a superare le tragiche divisioni del passato per testimoniare e condividere con gioia la fede comune in Gesù Cristo».  

Ho voluto riflettere in profondità su quelle parole, che mi hanno immediatamente imposto di schierarmi dalla parte delle innumerevoli chiese evangeliche italiane di diverse tradizioni (denominazioni) che da tali parole non possono in alcun modo sentirsi rappresentate. 

L’ascolto di quel testo mi ha portato a chiedermi se la Riforma, dopo 500 anni, sia da considerarsi conclusa. In tal caso mi avrebbe fatto piacere poter assistere a una revisione totale del Concilio Tridentino (1545-1563), che sottolineò la cooperazione dell’uomo nella sua opera di salvezza a scapito della Sola Gratia e equiparò “le tradizioni stesse riguardanti la fede e la morale” alla Sola Scriptura; avrebbe fatto piacere anche ascoltare la rinuncia del ruolo di Maria quale corredentrice, ruolo che invece spetta al Solus Christus. Mi rammarica invece constatare che da parte della Chiesa cattolica apostolica romana nulla è cambiato in 500 anni.  

Laddove il tema del peccato come condizione incontrovertibile dell’uomo venne considerato dai riformatori come giusta causa della condanna di Dio, nel culto di domenica 3 giugno invece è stato sommerso dall’amore e dall’accoglienza di Dio senza che mai venissero poste come condizioni il pentimento, il ravvedimento e la conversione, e mentre per i padri riformatori la missione della chiesa si doveva concentrare sulla predicazione del Vangelo, oggi invece pare che questa consista nel demolire muri e costruire ponti, confondendo così la necessità spirituale dell’uomo con le attuali esigenze della politica occidentale.  

Non voglio essere troppo prolisso, ma in chiusura mi preme sottolineare due questioni. La prima è che, per le chiese protestanti rappresentate, del vangelo hanno bisogno sempre e solo i poveri, gli emarginati, gli immigrati, le donne vittime di violenza (mentre si tace completamente, tra l’altro, sulle violenze verso i cristiani, specie nei paesi islamici), come se ai ricchi e ai potenti Dio non avesse da rivolgere lo stesso messaggio: si dimentica così che Gesù volle rivolgere la sua attenzione anche a Zaccheo, a Matteo, al giovane ricco, a Nicodemo. La seconda questione è che almeno la musica, suonata e cantata, ha potuto liberamente affermare le verità espresse dalla Scrittura e rese vive fin dal tempo della Riforma. Inni come “To God be the Glory” (A Dio sia la gloria), “Amazing Grace” (seppur con una pessima traduzione), “Ein' feste Burg ist unser Gott” (Forte Rocca è il nostro Dio) mi hanno emozionato al punto da non riuscire a cantarli a piena voce.  

E se la musica riesce a oltrepassare i confini del tempo mantenendo inalterate le sue parole, tanto più la predicazione del Vangelo deve ancora oggi essere messa al centro della vita della chiesa di Cristo. Perché la Riforma che impone lo Spirito di Dio inizia proprio dall’ascolto della Parola di Dio. 

Davide Marazzita, docente presso la sezione italiana  della International Shepherd University

Dalla lettura di questa esperienza, emergono ancora una volta le numerose eresie che abbiamo segnalato nel corso degli anni. 


- Assenza della predicazione della giustificazione per Sola Fede,

- Assenza della predicazione della autorità della Sola Scrittura,
- Svalutazione della importanza della dottrina biblica,
- Esaltazione dell'amore umano senza l'amore di Dio,
- Esaltazione della fratellanza di tutti gli uomini dimenticando che solo i cristiani nati di nuovo sono figli di Dio mentre tutti gli altri sono figli del diavolo,
- Esaltazione di una unità senza sostanza (ecumenismo),
- Esaltazione dei poveri, dimenticando che tutti gli increduli, anche quelli poveri, vanno all'inferno,
- Minimizzazione delle persecuzioni fatte dai musulmani contro i cristiani.


Come è possibile che le guide del popolo di Dio siano così tanto ignoranti della sua Parola? 

Come è possibile che si fallisca così miseramente e sistematicamente a capire ed insegnare persino le basi della fede evangelica? 

Come mai la mentalità dell'evangelico è formata dalla cultura mondana e non dalla applicazione della Scrittura?

Bisogna rompere con questo sistema corrotto e restaurare la chiesa sulla Parola, non ci sono alternative o altre strade. 

Le istituzioni ecclesiali attuale sono ormai irrecuperabili. 

Perché oggi le chiese non funzionano? 

Perché non predicano più il Vangelo come è scritto, ma solo parole umane senza sostanza:

"aventi l'apparenza della pietà, mentre ne hanno rinnegato la potenza. Anche da costoro allontanati" (2Timoteo 3:5).


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