mercoledì 19 luglio 2017

Confessione di Fede di Westminster


PERCHÉ È IMPORTANTE UNA CONFESSIONE DI FEDE?

1. Una confessione di fede è un utile strumento per affermare e difendere pubblicamente la verità. 

La chiesa è tenuta ad attenersi "con fede e con l'amore che in Cristo Gesù al modello delle sane parole" (1Ti 1:13), "a combattere strenuamente per la fede, che è stata una volta per sempre tramandata ai santi" (Gd 1:3), a "stare fermi in uno stesso spirito, combattendo assieme d'un medesimo animo per la fede del Vangelo" (Fil 1:27).

Nell'adempimento di questo compito, una confessione di fede è utile per distinguere la verità dall'errore e per presentare una concisa affermazione delle verità centrali della Bibbia nella loro integrità e debita proporzione. In primo luogo una formulazione del credo fa parte del compito di insegnamento pubblico della chiesa. Una confessione di fede è una definizione pubblica rivolta a coloro che si pongono al di fuori delle nostre comunità dei temi centrali della nostra fede, una testimonianza al mondo della fede che noi sosteniamo rispetto ad altre. In secondo luogo, una confessione di fede è un utile strumento nell'istruzione pubblica della comunità. Una confessione è un conciso corpo di teologia che può essere usato per rendere la nostra gente attenta all'intera estensione della verità, come pure per fornire loro modo di delimitare la verità contro l'errore. Essa facilita grandemente la promozione della conoscenza cristiana ed una fede intelligente fra coloro che si avvalgono del ministero pubblico delle nostre chiese, come pure un aiuto prezioso del popolo di Dio per l'istruzione dei loro figli. Inoltre, una confessione di fede serve come quadro di riferimento entro il quale la nostra gente possa ricevere intelligentemente la predicazione della Parola, come pure possa per loro essere un campanello d'allarme contro indebite innovazioni ed errori, dovunque li incontrino. 


2. Una confessione di fede serve come modello pubblico di comunione e di disciplina. 

La Bibbia concepisce la chiesa locale non come unione di coloro che si sono accordati nel differire, ma come un corpo segnato dalla pace e dall'unità. La chiesa deve studiarsi "di conservare l'unità dello Spirito col vincolo della pace" (Efe 4:3). I suoi membri devono essere "del medesimo sentimento", cioè nel cuore, nell'anima, nello spirito, nella mente e nella voce (Rom 15:5,6; 1Co 1:10; Fil 1:27; 2:2). 

Una confessione coopera alla protezione dell'unità della chiesa e nella preservazione della sua pace. Serve come base per la comunione ecclesiale affinché si possa camminare e lavorare assieme in armonia. Essa porta assieme coloro che sostengono una fede comune e li lega in stretta comunione. Gesù disse: "Una casa divisa in parti contrarie non potrà reggere" (Mat 12:25). 

Possono Calvinisti, Arminiani, Pelagiani ed Unitari pregare, lavorare, avere comunione e rendere il culto a Dio in modo pacifico e proficuo, mantenendo ciascuno d'essi e promuovendo la propria nozione di verità? Chi condurrà il culto e predicherà? 

Possono coloro che credono Gesù è Dio, pregare con coloro che considerano un tale culto un'idolatria? 

Possono coloro che credono nella giustificazione per grazia mediante la fede in Cristo solo avere comunione con coloro che credono altrimenti? 

Possono sedersi assieme alla stessa tavola sacramentale? 

Possono coloro che credono nell'ispirazione plenaria e verbale condividere il pulpito con quanti negano tale dottrina?

 L'unico modo in cui coloro che differiscono in materie essenziali possono vivere insieme in armonia è richiedendo una moratoria sulla verità, altrimenti essi certamente "renderanno la casa di Dio in una miserevole Babele". 

Come già notato, ogni chiesa ha un proprio credo, sia scritto oppure sottinteso fra i suoi membri, ed ogni persona saggia, prima di aderire ad una data chiesa, chiedere di conoscere il suo credo. Essa ha diritto di conoscere ciò in cui crede quella chiesa e la chiesa ha diritto di conoscere ciò in cui quella persona crede. Ora, avere un credo non pubblicato come test di comunione disordine, se non disonesto. Ogni persona lasciata da sola a scoprire qual il credo della chiesa, e la chiesa stessa non ha modo alcuno di discernere se coloro che chiedono di farne parte sono in armonia con la fede comune dei suoi membri, dato che gli elementi essenziali della fede comune non sono specificati in alcun luogo. 

Una confessione di fede pubblicata facilita grandemente la valutazione della posizione dottrinale della chiesa da parte di un suo futuro membro e viceversa. Una confessione di fede pubblicata, inoltre, fornisce un conciso modello dottrinale che può essere usato nella disciplina ecclesiastica. Noi dobbiamo "tenere d'occhio quelli che fomentano le dissensioni e gli scandali contro l'insegnamento ricevuto" per poterci "ritirare da loro" (Rom 16:17). Dobbiamo escludere coloro che turbano la pace della chiesa con false dottrine: "L'uomo settario, dopo una prima ed una seconda ammonizione, schivalo" (Tit 3:10). 

Al fine di adempiere il suo ruolo nel difendere la purezza dei suoi membri, la chiesa deve necessariamente avere un modello dottrinale, ed un modello siffatto deve essere pubblicato apertamente, perché tutti hanno diritto di sapere su che cosa saranno giudicati. Richiedere che la chiesa eserciti la disciplina contro l'errore dottrinale senza una confessione di fede pubblicata significa chiedere che vengano prodotti mattoni senza la paglia. Nulla di meno che una confessione di fede può soddisfare le legittime esigenze di una chiesa e dei suoi membri l'uno rispetto all'altro. 

Come fu osservato da J. Bannerman: "E' dovere della Chiesa... con una dichiarazione formale e pubblica della sua fede, assicurare i suoi membri della correttezza della sua professione di fede, ed essere assicurata della loro". Una chiesa senza confessione di fede come se pubblicizzasse d'essere pronta a coltivare nel suo interno ogni sorta di dannata eresia e d'essere il terreno adatto per coltivare ogni pianta di indebita innovazione. Una chiesa senza confessione di fede l'equivalente teologico ed ecclesiastico dell'AIDS, con nessun agente d'immunità contro i venti infettivi della falsa dottrina. 

Quello che è vero poi nella vita di una chiesa, è anche vero della comunione fra chiese locali. Quale chiesa che valuti la preservazione della propria purezza dottrinale, come pure la propria pace ed unità, potrebbe senza pericoli avere comunione con un altro corpo, non conoscendo affatto la sua posizione in materia di verità ed errore? Senza alcuna definita fede e prassi, una tale chiesa non-confessionale sarebbe fonte di inquinamento anziché di edificazione. In tali circostanze, noi non apriremmo i nostri pulpiti od incoraggeremmo la comunione fra le comunità senza coscienza pulita. 

Questo significa che ogni membro di chiesa dovrebbe avere concezioni avanzate sulla dottrina biblica al fine di guadagnare e mantenere comunione con una chiesa confessionale? Si noti l'osservazione di A. Fuller: "Se una comunità religiosa si accorda di specificare i principi-guida che considera derivati dalla Parola di Dio, e giudica il credere ad essi come necessario affinché una persona diventi o continui ad esserne membro non ne consegue che questi principi debbano essere ugualmente compresi, che tutti i fratelli debbano avere lo stesso grado di conoscenza, né che non debbano comprendere e credere null'altro. 

I poteri e le capacità di diverse persone sono differenti; uno potrà comprendere di più della stessa verità di un altro, o potrà avere le sue concezioni più ampliate da una varietà molto più grande di idee affini. Ciononostante, la sostanza della loro fede potrà senz'altro essere la stessa. Lo scopo degli articoli di fede di mantenere a distanza non quelli che sono deboli nella fede, ma quelli che ne sono giurati nemici".

3. Un credo serve come conciso modello per valutare i ministri della Parola

Il ministro della Parola deve essere un "uomo fedele" (1Ti2:2), "attaccato alla fedele parola quale gli è stata insegnata, onde sia capace di insegnare nella sana dottrina" (Tit 1:9). 

Dobbiamo quindi stare in guardia contro i falsi profeti ed i falsi apostoli. Dobbiamo "provare gli spiriti per vedere se sono da Dio" (1Gi 4:1). Non dobbiamo ricevere un uomo infedele nella nostra casa o dargli un saluto fraterno, pena di diventare complici nelle sue opere malvagie (2Gi 1:10).

Non possiamo obbedire a queste ammonizioni semplicemente accettando la parola di uno che dica di credere nella Bibbia. Dobbiamo verificare ciò che egli crede che la Bibbia dica sui temi fondamentali. Una confessione di fede rende relativamente semplice ad una chiesa verificare la correttezza dottrinale di una persona sul vasto raggio della verità biblica. 

Senza una confessione di fede la valutazione che una chiesa fa dei suoi ministri fatta a casaccio ed è nella migliore delle ipotesi superficiale. Allora la chiesa correrà il grave rischio di imporre le mani su novellini ed eretici, in quanto non avrà misurato il candidato al ministero secondo un metro adeguato. Ciò che è vero per quanto riguarda il riconoscimento che una chiesa fa per i suoi ministri, è doppiamente vero per quanto riguarda gli insegnanti che devono istruire questi candidati. 

Non si potrà mai abbastanza sottovalutare il danno prodotto alle chiese dalla negligenza mostrata nel porre sulle cattedre di teologia persone sbagliate per dare loro l'opportunità di modellare le malleabili menti ed anime di giovani candidati al ministero. 

4. Le confessioni di fede danno un contributo a mantenere vivo il senso di continuità storica.

Come facciamo a sapere se la nostra gente non sia un'anomalia storica, che non siamo i soli nella storia ad avere creduto in un certo modo? Le nostre confessioni di fede ci collegano alla preziosa eredità di fede ricevuta dal passato e costituiscono un lascito che potremo ritrasmettere ai nostri figli. Questo, naturalmente, non è affare da poco. Un senso di continuità storica contribuisce grandemente alla stabilità di una chiesa ed al benessere personale spirituale dei suoi membri.

[R. P. Martin, "The Uses of Confessions of Faith", in "The Banner of Truth Trust", n. 310, aprile 1990, pp. 22-25. Traduzione di Paolo Castellina].

LA CONFESSIONE DI FEDE RIFORMATA DI WESTMINSTER

Introduzione

La Confessione di fede di Westminster fu pubblicata per la prima volta nel 1646 ed era il prodotto di un'assemblea dei più pii ed eruditi teologi riformati dell'Inghilterra e della Scozia del diciassettesimo secolo.

Quando questa Confessione venne presentata all'Assemblea Generale della Chiesa di Scozia, fu dichiarato "su matura deliberazione" che essa era "fondata sulla Parola di Dio" e "giudicata sommamente ortodossa". Venne riconosciuto con riconoscenza a Dio il merito che una tale eccellente Confessione fosse formulata e concordata in entrambi i regni.

Dalla sua sanzione del 1647, molte acque sono passate sotto i ponti della teologia e della dottrina ed è triste riconoscere come in effetti si siano fatti numerosi passi indietro rispetto alle conquiste dottrinali della Confessione. La Chiesa non è stata carente di coloro che sono stati pronti a screditare la sua eccellenza e a promuovere il suo abbandono.

Essa però è fondata sulla solida roccia della Scrittura, ed essa esprime il giudizio più maturo dell'erudizione riformata sugli elementi fondamentali della fede cristiana. A causa della sua fedeltà alle Scritture essa assume un valore permanente ed una durevole rilevanza.

La Chiesa di Cristo non può stare senza Credo e vivere. E' suo dovere (specialmente in un tempo di dubbio e di confusione) definire e proclamare la fede cristiana al mondo. Il lettore, riconoscendo il supremo valore della Parola di Dio in materia di fede e di pratica, potrà volgersi a questa Confessione come un canone subordinato per trovare in essa un tesoro spirituale che potrà donare luce, conforto e forza.

INDICE DEL CONTENUTO

1.   Le Sacre Scritture
2.   Dio e la Santa Trinità
3.   L'eterno decreto di Dio
4.   La creazione
5.   La divina provvidenza
6.   La caduta dell'uomo, il peccato, la sua punizione
7.   Il patto di Dio con l'uomo
8.   Cristo, il mediatore.
9.   Il libero arbitrio.
10. La chiamata efficace.
11. La giustificazione.
12. L'adozione.
13. La santificazione.
14. La fede salvifica.
15. Il ravvedimento che porta alla vita.
16. Le buone opere.
17. La perseveranza dei santi.
18. La sicurezza della grazia e la salvezza.
19. La legge di Dio.
20. La libertà del cristiano e la libertà di coscienza.
21. Il culto e il riposo sabbatico.
22. I giuramenti e i voti legittimi.
23. L'autorità civile.
24. Matrimonio e divorzio.
25. La chiesa.
26. La comunione dei santi.
27. I sacramenti.
28. Il battesimo.
29. La cena del Signore.
30. La disciplina ecclesiastica.
31. I sinodi e i concili.
32. Lo stato dell'uomo dopo la morte e la risurrezione dei morti.
33. Il giudizio finale.


1. LE SACRE SCRITTURE

1. Sebbene già, attraverso le nostre facoltà naturali e le opere della creazione e della provvidenza noi si possa conoscere molto di Dio, cioè le sue perfezioni invisibili, la sua eterna potenza e divinità, tanto da renderci inescusabili (1), questo non è sufficiente per darci quella conoscenza di Dio e della sua volontà che sono necessarie alla nostra salvezza (2). Per questo il Signore si è compiaciuto, molte volte e in molte maniere, di rivelare sé stesso a noi e di proclamare la sua volontà alla sua Chiesa (3).
In un secondo tempo, per meglio preservare e propagare la verità e per consolidare e difendere la Chiesa dall'influenza corruttrice della natura umana e della malizia di Satana e del mondo, Egli ha fatto in modo che questa rivelazione fosse messa per iscritto (4). Le Sacre Scritture diventano perciò indispensabili (5) essendo cessate tutte le altre forme in cui Dio rivelava la sua volontà al suo popolo (6).

(1) Rom 2:14,15; Rom 1:19,20; Sal 19:1-3; Rom 2:1.
(2) 1Co 1:21; 1Co 2:13,14.
(3) Ebr 1:1.
(4) Pro 22:19,20,21; Luc 1:3,4; Mat 4:4,7,10; Isa 8:19,20.
(5) 2Ti 3:15; 2Pi 1:19.
(6) Ebr 1:1,2.

2. Sotto il nome di Sacre Scritture o Parola di Dio scritta, vengono compresi ora tutti i libri dell'Antico e del Nuovo Testamento, cioè: 

Dell'Antico Testamento: 
Genesi (Gen), Esodo (Eso), Levitino (Lev), Numeri (Num), Deuteronomio (Deu), Giosuè (Gis), Giudici (Giu), Ruth (Rut), 1 Samuele, (1Sa), 2 Samuele (2Sa), 1Re, 2Re, 1 Cronache (1Cr), 2 Cronache (2Cr), Esdra (Esd), Nehemia (Ne.), Ester (Est), Giobbe (Gib), Salmi (Sal), Proverbi (Pro), Ecclesiaste (Ecc), Cantico dei Cantici (Can), Isaia (Isa), Geremia (Ger), Lamentazioni (Lam), Ezechiele (Eze), Daniele (Dan), Osea (Ose), Gioele (Gil), Amos (Amo), Abaia (Aba), Giona (Gin), Michea (Mic), Nahum (Nah), Abacuc (Aba), Sofonia (Sof), Aggeo (Agg), Zaccaria (Zac), Malachia (Mal).

Del Nuovo Testamento: 

Matteo (Mat), Marco (Mar), Luca (Luc), Giovanni (Gio), Atti (Att),  Romani (Rom), 1 Corinzi (1Co), 2 Corinzi (2Co), Galati (Gal), Efesini (Efe), Filippesi (Fil), Colossesi (Col), 1 Tessalonicesi (1Te), 2 Tessalonicesi (2Te), 1 Timoteo (1Ti), 2 Timoteo (2Ti), Tito (Tit), Filemone (Fil); Ebrei (Ebr), Giacomo (Gia), 1 Pietro (1Pi), 2 Pietro (2Pi), 1, 2, 3 Giovanni (1Gi 2Gi 3Gi), Giuda (Giu), Rivelazione (Apo).

Tutti questi libri ci sono stati dati per ispirazione di Dio e devono essere la regola della fede e della vita (7).

(7) Luc 16:29,31; Efe 2:20; Apo 22:18,19; 2Ti 3:16.

3. I libri comunemente chiamati Apocrifi, non essendo di ispirazione divina, non fanno parte del canone della Scrittura, e quindi non possono costituire autorità nella Chiesa di Dio, né essere altrimenti approvati o usati, diversamente da qualsiasi altro umano libro (8).

(8) Luc 24:27,44; Rom 3:2; 2Pi 1:21.

4. L'autorità delle Sacre Scritture, per la quale devono essere credute ed obbedite, non dipende dalla testimonianza di alcun uomo, o chiesa, ma completamente da Dio (che è verità in sé stesso), loro autore, e devono quindi essere ricevute, perché è la Parola di Dio (9).

(9) 2Pi 1:19,21; 2Ti 3:16; 1Gi 5:9; 1Te 2:13.

5. Vi sono molti motivi per i quali possiamo essere mossi od indotti dalla testimonianza della Chiesa ad un'alta e riverente stima delle Sacre Scritture (107), per la sublimità della materia, l'efficacia della dottrina, la maestà dello stile, il consenso di tutte le sue parti, lo scopo dell'intera opera (quello cioè di dare gloria a Dio), la piena scoperta che esse fanno dell'unica via per la salvezza dell'uomo, le molte altre incomparabili eccellenze: questi sono argomenti che provano abbondantemente trattarsi della Parola di Dio.

Ciononostante, la nostra piena persuasione e sicurezza dell'infallibile verità e della divina autorità della stessa, ci provengono dall'opera interiore dello Spirito Santo che ne rende testimonianza attraverso e con la Parola nei nostri cuori (11).

(10) 1Ti 3:15.
(11) 1Gi 2:20,27; Gio 16:13,14; 1Co 2:10-12; Isa 59:21.

6. L'intero consiglio di Dio riguardo a tutte le cose necessarie alla sua propria gloria, la salvezza umana, la fede e la vita, può(1) o venire esplicitamente espresso dal testo biblico, (2) o venire dedotto come conseguenza buona e necessaria del testo stesso. Ad esso nulla mai potrà essere aggiunto, sia per nuove rivelazioni dello Spirito o per tradizione umana (12). Ciononostante, per la comprensione salvifica di ciò che è rivelato nella Scrittura (13), riconosciamo necessaria l'illuminazione interiore dello Spirito di Dio. Tuttavia rimangono questioni concernenti il culto che deve essere reso a Dio o il governo della Chiesa, - comuni alle azioni umane ed alla società - che possono essere regolate alla luce della natura e della cristiana discrezione, secondo i principi generali della Parola, i quali devono sempre essere osservati (14).

(12) 2Ti 3:15-17; Gal 1:8,9; 2Te 2:2.
(13) Gio 6:45; 1Co 2:9-12.
(14) 1Co 11:13,14; 14:26,40.

7. Tutto ciò che la Scrittura dichiara non è allo stesso modo ovvio né chiaro per tutti (15), ciononostante quelle cose che è necessario conoscere, credere ed osservare per la salvezza, sono così chiaramente proposte, ed aperte in una parte o in un'altra delle Scritture, che non solo l'erudito, ma anche l'incolto con mezzi ordinari, può arrivare a comprendere in modo sufficiente (16).

(15) 2Pi 3:16.
(16) Sal 119:105,130.

8. L'Antico Testamento in ebraico (la madrelingua dell'antico popolo di Dio) e il Nuovo Testamento in greco (che, al tempo in cui è stato scritto, era la lingua più generalmente conosciuta fra le nazioni), essendo direttamente ispirati da Dio e, per sua singolare cura e provvidenza, mantenuti puri in ogni età, sono da considerarsi autentici (17). Ad essi soli, perciò, si deve fare appello, in ogni controversia di religione, come autorità ultima dalla Chiesa (18). Dato per che le lingue originali non sono conosciute da tutto il popolo di Dio - il quale ha diritto di accedere alle Scritture e di beneficiarne, ed è tenuto, nel timore di Dio, di leggerle e di investigarle (19)- esse dovranno essere tradotte nella lingua volgare di ogni nazione alla quale pervengono (20), affinché, dimorando la Parola di Dio con abbondanza in tutti, esse possano rendere a Dio un culto accettabile (21) e, attraverso la pazienza ed il conforto delle Scritture, coltivare la speranza (22).

(17) Mat 5:18.
(18) Isa 8:20; Att 15:15; Gio 5:39,46.
(19) Gio 5:39.
(20) 1Co 15:6,9,11,12,24,27,28.
(21) Col 3:16.
(22) Rom 15:4.

9. La regola infallibile di interpretazione della Scrittura è la Scrittura stessa e quindi, allorché sorga una questione circa il vero e pieno senso della Scrittura (che non è plurimo, ma uno), deve essere investigata e conosciuta in altri luoghi che parlino più chiaramente (23).

(23) Pi. 1:20,21; Att 15:15,16.

10. Il giudice supremo mediante il quale ogni disputa religiosa dovrà essere appianata, ogni decreto di concili, opinione di antichi scrittori, dottrine umane, spiriti privati, dovranno essere esaminati, e alle cui sentenze dobbiamo trovare la nostra pace, non potrà essere altro che lo Spirito Santo che parla tramite le Scritture (247).

(24) Mat 22:29,31; Efe 2:20; Att 28:25.

2. DIO E LA SANTA TRINITA'

1. C'è un solo Dio (25) vivente e vero (26), il quale è infinito nel suo essere e nella sua perfezione (27), spirito purissimo (28), invisibile (29), senza corpo, senza parti (30), diverso in natura da noi (31), immutabile (32), immenso (33), eterno (34), che non si può investigare (35), onnipotente (36), il solo sommamente saggio (37), sommamente libero di fare tutto ciò che gli piace (38), libero da relazioni, limiti o circostanze particolari (39), che opera tutte le cose secondo il consiglio della propria volontà, immutabile e sommamente giusta (40), per la sua propria gloria (41); sommamente amorevole (42), misericordioso e pietoso, lento all'ira, ricco in benignità e fedeltà, che perdona l'iniquità, la trasgressione ed il peccato (43); il rimuneratore di quelli che diligentemente lo cercano (44); come pure giusto e tremendo nei sui giudizi (45); che odia ed aborrisce ogni peccato (46), e che non terrà il colpevole per innocente (47).

(25) Deu 6:4; 1Co 8:4,6.
(26) 1Te 1:9; Ger 10:10.
(27) Gib 11:7-9; 26:14.
(28) Gio 4:24.
(29) 1Ti 1:17.
(30) Deu 4:15,16; Gio 4:24; Luc 24:39.
(31) Att 14:11,15.
(32) Gia 1:17; Ml. 3:6.
(33) 1 Re 8:27; Ger 23:23,24.
(34) Sal 90:2.
(35) Sal 145:3. Gen 18:1; Apo 4:8.
(37) Rom 16:2.
(38) Sal 115:3.
(39) Eso 3:14.
(40) Efe 1:11.
(41) Pro 16:4; Rom 11:36.
(42) Gio 4:8,16.
(43) Eso 34:6,7.
(44) Ebr 11:6.
(45) Nee 9:32.
(46) Sal 5:5,6.
(47) Nah 1:2,3; Eso 34:7.

2. Siccome Dio ha tutta la vita (48), la gloria (49), la bontà (50), la beatitudine (51), in sé stesso e da sé stesso, è unico, nel senso che è completamente sufficiente sia in sé stesso che per sé stesso, non avendo bisogno di alcuna delle sue creature (52), né derivando gloria da esse (53). Al contrario, è Dio a manifestare la sua gloria in esse, per mezzo di esse, ad esse e su esse: Egli è l'unica fonte di tutta l'esistenza; da Lui, per mezzo di Lui e per Lui sono tutte le cose (54). Egli esercita un dominio assolutamente sovrano sopra di esse, al fine di fare, per mezzo di esse, tutto ciò che a Lui piace (55). Tutte le cose sono scoperte e manifeste ai suoi occhi (56). La sua conoscenza è infinita, infallibile e non dipende dalla creatura (57). Ne consegue che niente è per Lui contingente o incerto (58). Egli è assolutamente santo in tutto il suo consiglio, in tutte le sue opere, e in tutti i suoi comandamenti (59).
Sia gli uomini che angeli, che ogni altra creatura gli devono tutta l'adorazione, il servizio, o l'obbedienza che Egli si compiaccia di richiedere loro (60).

(48) Gio 5:26.
(49) Att 7:2.
(50) Sal 119:68.
(51) 1Ti 6:15; Rom 9:5.
(52) Att 17:24,25.
(53) Gib 22:2,3.
(54) Rom 11:36.
(55) Apo 4:11; 1Ti 6:15; Dan 4:25,35.
(56) Ebr 4:13.
(57) Rom 11:33,34; Sal 147:5.
(58) Att 15:18; Eze 11:5.
(59) Sal 145:17; Rom 7:12.
(60) Ap 5:12,13,14.

3. Nell'unità della Deità vi sono tre persone, d'unica sostanza, potere ed eternità: Dio il Padre, Dio il Figlio, e Dio lo Spirito Santo (61). Il Padre non è stato generato né procede da qualsiasi altro; il Figlio viene eternamente generato dal Padre (62); lo Spirito Santo procede e dal Padre, e dal Figlio (63).

(61) 1Gi 5:7; Mat 3:16,17; 28:19; 2Co 13:14.
(62) Gio 1:14,18.
(63) Gio 15:26; Gal 4:6.

3. L'ETERNO DECRETO DI DIO

1. Dio ha decretato dall'eternità, secondo il più saggio e santo consiglio della propria volontà, in modo libero ed immutabile, tutte le cose che avrebbero avuto luogo (64). Tuttavia ciò non implica affatto né che Dio sia autore di peccato (65); né che faccia così violenza alla volontà delle creature, né che sia eliminata la libertà o contingenza delle cause secondarie. Tutto ciò, al contrario viene stabilito (66).

(64) Efe 1:1; Rom 11:33; Ebr 6:17; Rom 9:15,18.
(65) Gia 1:13,17; 1Gi 1:5,7.
(66) Att 2:23; Mat 17:12; Att 4:27,28; Gio 19:11; Pro 16:33.

2. Benché Dio conosca tutto ciò che può avvenire in tutte le condizioni immaginabili (67), non è mai stato indotto a decretare alcunché per il fatto di averlo previsto come qualcosa che avrebbe potuto verificarsi nel futuro o che sarebbe avvenuto in determinate situazioni (68).

(67) At 15:18; 1Sam 23:11,12; Mat 11:21,23.
(68) Rom 9:11,13,16,18.

3. Per decreto di Dio e per la manifestazione della sua gloria, alcuni uomini ed angeli (69) sono stati predestinati a vita eterna. Altri sono stati preordinati alla morte eterna (70).

(69) 1Ti 5:21; Mat 25:41.
(70) Rom 9:22,23; Efe 1:5,6; Pro 16:4.

4. Gli angeli e gli uomini, predestinati e preordinati in questo modo sono così designati individualmente ed immutabilmente. Il loro numero è così certo ed definito che non può essere né aumentato né diminuito (71).

(71) 2Tim 2:19; Gio 13:18.

5. Quelli che, fra l'umanità, sono predestinati alla vita, Dio, prima della fondazione del mondo, secondo il suo eterno ed immutabile proposito ed il segreto consiglio e beneplacito della sua volontà, li ha scelti in Cristo ad eterna gloria (72), sulla sola base di una libera grazia e per amore, senza alcuna preconoscenza di loro eventuali fede o buone opere o di perseveranza in alcuno di essi, né qualche altra cosa nella creatura come condizione o causa che Lo spingesse ad agire così (73): tutto a lode e gloria della Sua grazia (74).

(72) Efe 1:4,9,11; Rom 8:30; 2Ti 1:9; 1Te 5:9.
(73) Rom 9:11,13,16; Efe 1:4,9.
(74) Efe 2:6,12.

6. Poiché Dio ha ordinato a gloria gli eletti, così Egli, con un sommamente libero ed eterno proposito della Sua volontà, ha stabilito tutti i mezzi necessari per realizzare questo obiettivo (75). Di conseguenza coloro che sono stati eletti, essendo decaduti in Adamo, sono redenti da Cristo (76); vengono efficacemente chiamati alla fede in Cristo tramite l'opera dello Spirito, il quale opera a tempo debito; vengono giustificati, adottati, santificati (77), nonché custoditi dalla Sua potenza mediante la fede in vista della salvezza (78). Nessuno al di fuori degli eletti viene redento da Cristo, viene chiamato efficacemente, giustificato, adottato, santificato e salvato (79).

(75) 1Pi 1:2; Efe 1:4,5; Efe 2:10; 2Te 2:13.
(76) 1Te 5:9,10; Tit 2:14.
(77) Rom 8:30; Efe 1:5; 2Te 2:13.
(78) 1Pi 1:5.
(79) Gio 17:9; Rom 8:28; Gio 6:64,65; Gio 10:26; Gio 8:47; 1Gi 2:19.

7. Secondo l'inscrutabile consiglio della propria volontà per il quale Egli accorda o nega la misericordia come vuole per la gloria della sua potenza sovrana sulle sue creature, è piaciuto a Dio di tralasciare il resto dell'umanità e destinarlo a disonore e ad ira per il suo peccato, a lode e gloria della sua giustizia (80).

(80) Mat 11:25,26; Rom 9:17,18,21,22; 2Ti 2:19,20; Giu 4; 1Pi 2:8.

8. La dottrina di questo grande mistero della predestinazione deve essere trattata con una particolare prudenza e cura (81) affinché gli uomini che prestano attenzione alla volontà di Dio rivelata nella Sua Parola e che ubbidiscono ad essa possano essere sicuri della loro elezione eterna dalla certezza della loro vocazione effettiva (82). In questo modo, la dottrina sarà motivo di lode, riverenza ed ammirazione per Dio (83) e sarà anche motivo di umiltà, diligenza ed abbondanza di consolazione per tutti coloro che ubbidiscono all'Evangelo con sincerità (84).

(81) Rom 9:20; 11:33; Deu 29:29.
(82) 2Pi 1:10.
(83) Efe 1:6; Rom 11:33.
(84) Rom 11:5,6,20; 2Pi 1:10; Rom 8:33; Luc 10:20.;4.

4. LA CREAZIONE

1. E' piaciuto a Dio Padre, Figlio e Spirito Santo (85), per la manifestazione della gloria della Sua eterna potenza, sapienza e bontà (86), nel principio, creare o fare dal nulla il mondo e tutte le cose in esso, sia le visibili che le invisibili, nell'arco di sei giorni; e tutto era molto buono (87).

(85) Ebr 1:2; Gio 1:2,3; Gen 1:2; Gib 26:13.
(86) Rom 1:20; Ger 10:12; Sal 104:24; Sal 33:5,6.
(87) Gen 1; Ebr 11:3; Col 1:16; Att 17:24

.2 Dopo aver fatto tutte le altre creature, Dio creò l'uomo, maschio e femmina (88), con un'anima razionale ed immortale (89), dotato di conoscenza, giustizia e vera santità, ad immagine di Dio (90), con la legge di Dio scritta nel cuore (91), e con la capacità di adempiervi (92). Tuttavia egli aveva la possibilità di trasgredirla, essendo lasciato alla libertà della propria volontà la quale era soggetta a cambiamento (93). Oltre alla legge scritta nel cuore, l'uomo ricevette l'ordine di non mangiare dell'albero della conoscenza del bene e del male (94). Finché osservò questo comandamento fu felice nella comunione con Dio ed ebbe dominio su tutte le altre creature (95).

(88) Gen 1:27.
(89) Gen 2:7; Ecc 12:7; Luc 23:43; Mat 10:28.
(90) Gen 1:26; Col 3:10; Efe 4:24.
(91) Rom 2:14,15.
(92) Ecc 7:29.
(93) Gen 3:6; Ecc 7:29.
(94) Gen 2:17; 3:8,9-11,23.
(95) Gen 1:26,28.

5. LA DIVINA PROVVIDENZA

1. Dio, il grande Creatore di tutte le cose, sostiene (96), dirige, dispone e governa tutte le creature e tutte le cose (97), dalla più grande alla più piccola (98), con la sua provvidenza assolutamente saggia e santa (99), secondo la Sua infallibile prescienza (100) ed il libero ed immutabile consiglio della sua volontà (101), alla lode della gloria della sua saggezza, potere, giustizia, bontà e misericordia (102).

(96) Ebr 1:3.
(97) Dan 4:34,34; Sal 135:6; Att 17:25,26,28.
(98) Mat 10:29-31.
(99) Pro 15:3; Sal 104:24; 145:17.
(100) Att 15:18; Sal 94:8-11.
(101) Efe 1:11; Sal 33:10,11.
(102) Isa 43:14; Efe 3:10; Rom 9:17; Gen 45:7; Sal 145:7.

2. Tutte le cose avvengono immutabilmente ed infallibilmente (103) in base alla prescienza e ai decreti di Dio, il quale ne è la causa prima. Non avviene quindi alcunché ad alcuno per caso o al di fuori della sua provvidenza. Tuttavia Dio ordina che gli eventi si verifichino secondo l'ordine delle cause seconde, necessariamente, liberamente o contingentemente (104).

(103) Att 2:23.
(104) Gen 8:22; Ger 31:35; Eso 21:13; Deu 19:5; 1 Re 22:28,34; Isa 10:6.7.

3. Nella sua ordinaria provvidenza Dio fa uso di mezzi (105), ma è libero di agire al di fuori di essi (106), al di sopra di essi (107), e contro di essi (108), quando vuole.

(105) Att 27:31,44; Isa 55:10,11; Ose 2:21,22.
(106) Ose 1:7; Mat 4:4; Gib 34:10.
(107) Rom 4:19-21.
(108) Apo 6:6; Dan 3:27.

4. La onnipotenza, la saggezza imperscrutabile e la bontà infinita di Dio si manifestano così pienamente nella sua provvidenza che il suo determinato consiglio si estende persino alla prima caduta e a tutte le altre azioni peccaminose sia di angeli che di uomini (109), e ciò non per un semplice permesso (110), ma per un tipo di permesso in cui Egli ha incluso delle limitazioni veramente sagge e potenti (111), ordini e molteplici atti di governo per raggiungere i Suoi propri fini (112). Tuttavia, in tutti questi casi, la peccaminosità sia degli angeli che degli uomini proviene soltanto da essi e non da Dio, il quale è assolutamente santo e giusto, e non può essere autore di peccato, né approvarlo (113).

(109) Rom 11:32,33,34; 2Sa 24:1; 1Cr 21:1; 1 Re 22:22,23; 1Cr 10:4,13,14; 2Sa 16:10; Att 2:23; 4:27,28.
(110) Att 14:16.
(111) Sal 76:10; 2 Re 19:28.
(112) Gen 1:20; Isa 10:6,7,12.
(113) Gia 1:13,14,17; 1Gi 2:16; Sal 50:21.

5. Dio, che è veramente saggio, giusto e benigno, spesso permette che i Suoi figli sperimentino per qualche tempo varie tentazioni e la corruzione del loro cuore, per punirli dei peccati commessi o per mostrare loro la forza nascosta della corruzione e la falsità ancora presente nel loro cuore, allo scopo di renderli umili (114) e spingerli ad una dipendenza più stretta e costante da Lui come loro sostegno, di renderli più vigili in futuro nei confronti del peccato, e in vista di molteplici scopi santi e giusti (115).

(114) 2Cr 32:25,26,31; 2Sa 24:1.
(115) 2Co 12:7-9; Sal 77:1,10,12; Mr. 14:66ss; Gio 21:15-17.

6. Per quanto riguarda quegli uomini malvagi ed empi che Dio, come giusto giudice, ha reso spiritualmente ciechi ed ha indurito a causa dei loro peccati precedenti (116), Egli li priva non solo della grazia, che avrebbe potuto illuminare la loro mente e toccare il loro cuore (117), ma a volte ritira altresì i doni che hanno avuto (118), e li espone a certe circostanze che il loro cuore corrotto fa diventare occasione di peccato (119). Dio li abbandona alle loro concupiscenze, alle tentazioni del mondo ed al potere di Satana (120), cosicché alla fine si induriscono persino quando si trovano sotto le stesse influenze che Dio usa per toccare il cuore di altri (121).

(116) Rom 1:24,26,28; Rom 11:7,8.
(117) Deu 29:4.
(118) Mat 13:12; 25:29.
(119) Deu 2:30; 2 Re 8:12,13.
(120) Sal 81:11,12; 2Te 2:10-12.
(121) Eso 7:3; 8:15,32; 2Co 2:15,16; Isa 8:14; 2Pi 2:7,8; Isa 6:9,10; Att 28:26,27.

7. La provvidenza di Dio, in generale, raggiunge tutte le creature. Tuttavia, in un modo specialissimo, Egli si prende cura della sua chiesa, disponendo ogni cosa per il bene d'essa (122).

(122) 1Ti 4:10; Amo 9:8,9; Rom 8:28; Isa 43:3-5,14.;6.

6. LA CADUTA DELL'UOMO, IL PECCATO, E LA SUA PUNIZIONE

1. I nostri progenitori sedotti dall'astuzia e dalla tentazione di Satana, peccarono mangiando il frutto proibito (123). E' piaciuto a Dio, secondo il suo saggio e santo consiglio, permettere questo loro peccato, avendo deciso di usarlo alla sua propria gloria (124).

(123) Gen 3:13; 2Co 11:3.
(124) Rom 11:32.

2. Essi decaddero, per questo peccato, dalla loro rettitudine originale e dalla loro comunione con Dio (125). Nel peccato conobbero la morte (126) e si contaminarono totalmente in ogni loro parte e in ogni loro facoltà fisica e spirituale (127).

(125) Gen 3:6,7,8; Ecc 7:29; Rom 3:23.
(126) Gen 2:17; Efe 2:1.
(127) Tit 1:15; Ger 17:9; Rom 3:10-18.

3. Essendo essi la radice di tutta l'umanità, il loro peccato venne imputato (128) alla loro posterità, e ad essa fu trasmessa, attraverso l'ordinario processo di generazione, la stessa morte nel peccato e la stessa natura corrotta (129).

(128) Gen 1:27,28; 2:16,17; Att 17:26; Rom 5:12-19; 1Co 15:21,22,45,49.
(129) Sal 51:5; Gen 5:3; Gib 14:4; 15:14.

4. Tutte le effettive trasgressioni sono la conseguenza di questa corruzione originaria (130) che ci ha resi inadatti, inabili ed avversi ad ogni bene (131) e totalmente inclini ad ogni male (132).

(130) Gia 1:14,15; Efe 2:2,3; Mat 15:19.
(131) Rom 5:6; 8:7; 7:18; Col 1:21.
(132) Gen 6:5; 8:21; Rom 3:10-12.

5. Durante questa vita, la corruzione della natura permane anche in coloro che sono rigenerati (133). Benché perdonata e mortificata per mezzo di Cristo, questa natura corrotta con tutte le sue tendenze, è infatti veramente e propriamente peccaminosa (134).

(133) 1Gi 1:8,10; Rom 7:14,17,18,23; Gia 3:2; Pro 20:9; Ecc 7:20.
(134) Rom 7:5,7,8,25; Gal 5:17.

6. Ogni peccato, sia quello originale che effettivo, essendo una trasgressione della giusta legge di Dio, e quindi ad essa contrario (135), sottopone il peccatore, per sua propria natura, al giudizio di Dio (136), lo rende passibile dell'ira di Dio (137) ed della maledizione della legge (138), e così alla morte (139), con tutte le miserie spirituali (140), temporali (141) ed eterne (142) ad essa attinenti.

(135) 1Gi 3:4.
(136) Rom 2:15; 3:9,19.
(137) Efe 2:3.
(138) Gal 3:10.
(139) Rom 6:23.
(140) Efe 4:18.
(141) Rom 8:20; Lam 3:39.
(142) Mat 25:41; 2Te 1:9.

7. IL PATTO DI DIO CON L'UOMO

1. La distanza fra Dio e la creatura è così grande che, sebbene le creature dotate di ragione gli debbano obbedienza come loro Creatore, esse non avrebbero mai potuto godere un rapporto con Lui prima che Egli non avesse condisceso liberamente a stipulare con essi un patto per regolare tale rapporto (143).

(143) Isa 40:13-17; Gib 9:32,33; 1Sa 2:25; Sal 113:5,6; 100:2,3; Gib 22:2,3; 35:7,8; Luc 17:10; Att 17:24,25.

2. Il primo patto stipulato con l'uomo fu un patto d'opere (144). Dio promise ad Adamo ed alla sua progenie (145) la vita, a condizione che egli Gli avesse personalmente obbedito in modo perfetto (146).

(144) Gal 3:12.
(145) Rom 10:5; 5:12-20.
(146) Gen 2:17; Gal 3:10.

3. Essendosi l'uomo con la sua caduta reso incapace alla vita per quel patto, è piaciuto al Signore di stabilirne un secondo (147), comunemente chiamato il Patto della Grazia. In esso Egli offrì gratuitamente ai peccatori vita e salvezza tramite Gesù Cristo, richiedendo da parte loro, per poter essere salvati, la fede in Lui (148). In esso Egli promise pure di dare il Suo Spirito Santo a tutti coloro che sono ordinati a vita eterna, rendendoli volenterosi e capaci di credere (149).

(147) Gal 3:21; Rom 7:3; 3:20,21; Gen 3:15; Isa 42:6.
(148) Mr. 16:5,16; Gio 3:16; Rom 10:6,9; Gal 3:11.
(149) Eze 36:26,27; Gio 6:44,45.

4. Questo patto di grazia viene presentato spesso nelle Scritture con il nome di testamento in riferimento alla morte di Gesù Cristo, il Testatore, ed all'eredità eterna lasciata con tutte le cose che ad essa appartengono (150).

(150) Ebr 9:15-17; 7:22; Luc 22:20; 1Co 11:25.

5. Questo patto era amministrato in modo diverso ai tempi della legge e ai tempi dell'Evangelo (151). Sotto la legge veniva amministrato per mezzo di promesse, di profezie, di sacrifici, della circoncisione, dell'agnello pasquale, e di altri tipi ed ordinanze dati al popolo giudaico che prefiguravano tutti in Cristo che doveva venire (152). Queste ordinanze erano per quel tempo sufficienti ed efficaci, per mezzo dell'opera dello Spirito, ad istruire e ad edificare gli eletti nella fede nel Messia promesso (153), per mezzo del quale ottenevano la piena remissione dei peccati e la vita eterna. Questo è l'antico testamento (154).

(151) 2Co 3:6-9.
(152) Ebr 8; 9; 10; Rom 4:11,12; 1Co 5:7.
(153) 1Co 10:1-4; Ebr 11:13; Gio 8:56.
(154) Gal 3:7-9,14.

6. Sotto l'Evangelo, Cristo, la sostanza (155), essendo rivelato, le ordinanze nelle quali questo patto viene dispensato sono la predicazione della Parola e l'amministrazione dei sacramenti del battesimo e della cena del Signore (156). Sebbene siano meno numerose e vengano amministrate con maggiore semplicità e con meno gloria esteriore, in esse il patto viene esteso a tutte le nazioni, sia ai Giudei che ai Gentili (157), con maggiore pienezza, evidenza ed efficacia spirituale (158). Questo è il nuovo Testamento (159). Perciò non vi sono due patti di grazia diversi nella sostanza, ma un unico patto sotto diverse dispensazioni (160).

(155) Col 2:17.
(156) Mat 28:19,20; 1Co 11:23-25.
(157) Ebr 12:22-27; Ger 31:33,34.
(158) Mat 28:19; Efe 2:15-19.
(159) Luc 22:20.
(160) Gal 3:14,16; Att 15:11; Rom 3:21,22,23,30; Sal 32:1; Rom 9:3,6,16,17,23; Ebr 13:8.

8. CRISTO, IL MEDIATORE

1. E' piaciuto a Dio, secondo il suo proponimento eterno, eleggere ed ordinare il Signore Gesù, il suo unigenito Figlio, ad essere mediatore fra Dio ed uomo (161), Profeta (162), Sacerdote (163), e Re (164), Capo e Salvatore della su Chiesa (165); Erede di tutte le cose (166), e Giudice di tutto il mondo (167). Fin dall'eternità Egli ha dato al Signore Gesù una progenie (168), la quale, nella dispensazione del tempo, doveva essere da Lui redenta, chiamata, giustificata, santificata e glorificata (170).

(161) Isa 42:1; 1Pi 1:19,20; Gio 3:16; 1Ti 2:5.
(162) Att 2:22.
(163) Ebr 5:5,6.
(164) Sal 2:6; Luc 1:33.
(165) Efe 5:23.
(166) Ebr 1:2.
(167) Att 17:31.
(168) Gio 17:6; Sal 22:30; Isa 53:10.
(169) 1Ti 2:6; Isa 55:4,5; 1Co 1:30.

2. Il Figliolo di Dio, la seconda persona della Trinità, è il vero ed eterno Dio, lo splendore della gloria del Padre, della stessa sostanza ed uguale a Lui. Giunta la pienezza dei tempi, ha assunto la natura umana (170), con tutte le qualità essenziali e le sue infermità comuni, ad eccezione del peccato (171). Fu concepito dallo Spirito Santo nel seno della vergine Maria, della sua sostanza (172). Così due intere, perfette e distinte nature, quella divina e quella umana, furono unite inseparabilmente in una sola Persona, senza tuttavia trasformarsi, senza confondersi, e senza sovrapporsi (172). Tale Persona è il Signore Gesù Cristo, vero Dio e vero uomo, ma pur tuttavia un solo Cristo, l'unico mediatore fra Dio e l'uomo (173).

(170) Gio 1:1,14; 1Gi 5:20; Fil 2:16l Gal 4:4.
(171) Ebr 2:14,16,17; Ebr 4:15.
(172) Luc 1:27,31,35; Gal 4:4.
(173) Luc 1:35; Col 2:9; Rom 9:5; 1Pi 3:18; 1Ti 3:16.

3. Il Signore Gesù, con la sua natura umana unita a quella divina, fu santificato ed unto di Spirito Santo oltre misura (174), avendo in sé stesso tutti i tesori della sapienza e della conoscenza (175). Piacque al Padre di fare abitare in Lui tutta la pienezza (176), affinché essendo santo, innocente ed immacolato e pieno di grazia e di verità (177), potesse essere appieno fornito per esercitare l'ufficio di Mediatore e di Garante (178). Non assunse questa posizione e questo compito di per sé, ma fu chiamato ad assumerli dal Padre (179), che gli ha dato ogni podestà ed autorità di giudicare e gli ha comandato di esercitare questi diritti (180).

(174) Sal 45:7; Gio 3:34.
(175) Col 2:3.
(176) Col 1:19.
(177) Ebr 7:26; Gio 1:14.
(178) Att 10:38; Ebr 12:24; 7:22.
(179) Ebr 5:4,5.
(180) 7Gio 5:22,27; Mat 28:18; Att 2:36.

4. Il Signore Gesù accettò di assumersi molto volentieri questo compito (181). Per adempierlo fu reso soggetto alla legge (182), che osservò perfettamente (183). Sopportò direttamente nella sua anima i tormenti più duri (184), nel suo corpo le sofferenze più dolorose (185), fu crocefisso, e morì (186). Fu sepolto e rimase sotto il potere della morte, senza per conoscere la corruzione (187). Il terzo giorno risorse dai morti (188), con lo stesso corpo con il quale aveva sofferto (189). Con esso pure Egli ascese al cielo, ed ora siede alla destra del Padre suo (190) e di là fa intercessione (191). Ritornerà alla fine del mondo per giudicare uomini ed angeli (192).

(181) Sal 40:7,8; Ebr 10:5-10; Gio 10:18; Fil 2:8.
(182) Gal 4:4.
(183) Mat 3:15; 5:17.
(184) Mat 26:37,38; Luc 22:44; Mat 27:46.
(185) Mat 26; 27.
(186) Fil 2:8.
(187) Att 2:23-27; Att 13:37; Rom 6:9.
(188) 1Co 15:3-5.
(189) Gio 20:25,27.
(190) Mr. 16:19.
(191) Rom 8:34; Ebr 9:24; 7:25.
(192) Rom 14:9,10; Att 1:11; 10:42; Mat 13:40-42; Giu 6; 2Pi 2:4.

5. Il Signore Gesù, con la sua perfetta obbedienza e il sacrificio di sé stesso offerto una volta per sempre a Dio mediante lo Spirito eterno, ha soddisfatto completamente la giustizia di suo Padre (193), ha ottenuto non solo la riconciliazione ma ha acquistato un'eredità eterna nel Regno dei cieli per tutti quelli che il Padre gli ha dato (194).

(193) Rom 5:19; Ebr 9:14,16; 10:14; Efe 5:2; Rom 3:25,26.
(194) Dan 9:24,26; Col 1:19,20; Efe 1:11,14; Gio 17:2; Ebr 9:12,15.

6. Sebbene l'opera della redenzione non venne realizzata di fatto da Cristo se non dopo la sua incarnazione, tuttavia la virtù, l'efficacia, e i benefici che ne conseguono furono comunicate agli eletti in tutte le età fin dall'inizio del mondo tramite le promesse, i tipi ed i sacrifici che accennavano a lui come alla progenie della donna che doveva schiacciare il capo al serpente e come all'agnello immolato fin dalla fondazione del mondo; poiché Egli è lo stesso, ieri, oggi ed in eterno (195).

(195) Gal 4:4,5; Gen 3:15; Apo 13:8; Ebr 13:8.

7. Nella sua opera di mediatore, Cristo agisce secondo entrambe le sue nature, ognuna delle quali opera ciò che le è proprio (196). Tuttavia, data l'unità della sua persona, ciò che e proprio di una natura viene a volte attribuito dalla Scrittura all'altra (197).

(196) Ebr 9:14; 1Pi 3:18.
(197) Att 20:28; Gio 3:13; 1Gi 3:16.

8. La redenzione viene da Cristo applicata con certezza ed efficacia a tutti coloro per i quali Egli l'ha acquistata (198). Inoltre Egli intercede per loro (199), rivelando loro, nella Parola e tramite la Parola, i misteri della salvezza (200), li persuade efficacemente tramite lo Spirito a credere e ad obbedire, governa i loro cuori con la sua Parola ed il suo Spirito (201), sconfigge tutti i loro nemici con la sua onnipotenza e sapienza, tramite mezzi e modi consoni alla sua meravigliosa ed insondabile provvigione (202).

(198) Gio 6:37,39; Gio 10:15,16.
(199) 1Gi 2:1,2; Rom 8:34.
(200) Gio 15:13,15; Efe 1:7,8,9; Gio 17:6.
(201) Gio 14:16; Ebr 12:2; 2Co 4:13; Rom 8:9,14; 15:18,19; Gio 17:17.
(202) Sal 110:1; 1Co 15:25,26; Mal 4:2,2; Col 2:15.

9. IL LIBERO ARBITRIO

1. Dio ha dotato la volontà dell'uomo di una libertà naturale tale da non poter essere forzata né determinata da alcuna necessità di natura, a fare il bene o il male (203).

(203) Mat 17:12; Gia 1:14; Deu 30:19.

2. L'uomo, nel suo stato di innocenza, aveva libertà e capacità di volere e di fare ciò che è buono e accettevole a Dio (204), ma era libero, e perciò poteva decadere da questa condizione (205).

(204) Ecc 7:29; Gen 1:26.
(205) Gen 2:16,17; 3:6.

3. A causa della sua caduta in stato di peccato, l'uomo ha perduto totalmente la capacità di volere qualsiasi bene spirituale che accompagni la salvezza (206). Come uomo naturale, essendo totalmente avverso al bene spirituale (207) e morto nel peccato (208), non è capace, con le proprie forze, di convertirsi né di disporsi alla conversione (209).

(206) Rom 5:6; 8:7; Gio 15:5.
(207) Rom 3:10,12.
(208) Efe 2:1,5; Col 2:13.
(209) Gio 6:44,65; Efe 2:2-5; 2Co 2:14; Tit 3:3-5.

4. Quando Dio converte un peccatore e lo trasporta in uno stato di grazia, lo libera dalla schiavitù naturale al peccato (210), e per sola grazia lo rende capace di volere e di fare liberamente ciò che è spiritualmente buono (211). Tuttavia, a causa della corruzione residua, il peccatore non vuole unicamente né perfettamente ciò che è buono, ma vuole anche ciò che è male (212).

(210) Col 1:13; Gio 8:34,36.
(211) Fil 2:3; Rom 6:18,22.
(212) Gal 5:17; Rom 7:15-23.

5. La volontà dell'uomo sarà resa immutabilmente e perfettamente libera di fare il bene solo nello stato di gloria (213).

(213) Efe 4:13; Ebr 12:23; 1Gi 3:2; Gd 1:24.

10. LA CHIAMATA EFFICACE

1. Piace a Dio di chiamare efficacemente (214), in un momento fissato ed accettabile, coloro che sono predestinati a vita. Essi vengono chiamati per mezzo della sua Parola e del suo Spirito (215) dallo stato di peccato e di morte in cui si trovano per natura a quello di grazia e di salvezza per mezzo di Gesù Cristo (216). Egli illumina le loro menti spiritualmente e in modo salvifico perché possano capire le cose di Dio (217) e sostituisce i loro cuori di pietra con un cuore di carne (218). Rinnova la loro volontà e per mezzo della sua onnipotenza fa si che desiderino e seguano ciò che è buono (219). Li attira efficacemente a Gesù Cristo (220). Tuttavia, mentre essi si avvicinano in tutta libertà, vengono resi ben disposti per mezzo della sua grazia (221).

(214) Rom 8:30; 11:7; Efe 1:10,11.
(215) 2Te 2:13,14; 2Co 3:3,6.
(216) Rom 8:2; Efe 2:1-5; 2Ti 1:9,10.
(217) Att 26:18; 1Co 2:10,12; Efe 1:17,18.
(218) Eze 36:26.
(219) Eze 11:19; Fil 2:13; Deu 30:6; Eze 36:27.
(220) Efe 1:19; Gio 6:44,45.
(221) Can 1:4; Sal 110:3; Gio 6:37; Rom 6:16-18.

2. Questa chiamata speciale proviene unicamente dalla grazia libera e speciale di Dio e non è motivata da alcunché che nell'uomo lo renda degno (222), anzi, in essa l'uomo rimane totalmente passivo fintanto che, risvegliato e rinnovato dallo Spirito Santo (223), egli è così posto in grado di rispondere a questa chiamata, e di ricevere la grazia offerta e comunicata in esso (224).

(222) 2Ti 1:9; Tit 3:4,5; Efe 2:4,5,8,9; Rom 9:11.
(223) 1Co 2:14; Rom 8:7; Efe 2:5.
(224) Gio 6:37; Eze 36:27; Gio 5:25.

3. I bambini eletti che muoiono durante l'infanzia vengono rigenerati e salvati da Cristo per mezzo dello Spirito (225) il quale opera quando, dove e come vuole (226). Ciò rimane vero anche per tutte le persone elette che non hanno la possibilità di essere chiamate esternamente per mezzo del ministero della Parola (227).

(225) Luc 18:15,16; Att 2:38,39; Gio 3:3,5; 1Gi 5:12; Rom 8:9.
(226) Gio 3:8.
(277) Gio 5:12; Att 4:12.

4. Sebbene altri che non siano eletti possano essere chiamati mediante il ministero della Parola (228) e possano sperimentare alcune azioni comuni dello Spirito (229), tuttavia essi non vengono mai veramente a Cristo, e quindi non possono essere salvati (230). Tanto meno possono essere salvate quelle persone che non abbracciano la religione cristiana, per quanto siano diligenti nell'ordinare la loro vita secondo la luce della natura e la legge della religione che professano (231): asserire e sostenere che lo possano è molto pernicioso e deve essere detestato (232).

(228) Mat 22:14.
(229) Mat 7:22; 13:20,21; Ebr 6:4,5.
(230) Gio 6:64-66; 8:24.
(231) Att 4:12; Gio 14:6; Efe 2:12; Gio 4:22; 17:3.
(232) Gio 9-11; 1Co 16:22; Gal 1:6-8.

11. LA GIUSTIFICAZIONE

1. Coloro che Iddio efficacemente chiama, quelli pure gratuitamente giustifica (233). Questo non vuole dire che Egli infonda in loro la giustizia, ma che Egli perdona i loro peccati e considera ed accetta le loro persone come se fossero giuste. Questo avviene non perché Egli infonda od operi in loro alcunché, ma soltanto a causa di Cristo; non perché la loro fede, l'atto di credere, od ogni altra obbedienza evangelica siano loro considerate atti meritori di giustizia, ma unicamente perché viene loro accreditata l'obbedienza di Cristo, il quale solo ha soddisfatto per loro i requisiti della giustizia (234). La fede, perciò, significa ricevere la sua giustizia e trovare in essa la nostra pace, ed una fede che, comunque, non viene da noi, ma che è essa stessa dono di Dio (235).

(233) Rom 8:30; 3:24.
(234) Rom 4:5-8; 2Co 5:19,21; Rom 3:22,24,25,27,28; Tit 3:5,7; Efe 1:7; Ger 23:6; 1Co 1:30,31; Rom 5:17-19.
(235) Att 10:44; Gal 2:16; Fil 3:9; Att 13:38,39; Efe 2:7,8.

2. La fede, intesa come ricevere il beneficio dell'opera di Cristo e nel trovare in essa la nostra pace, è il solo strumento della giustificazione (236), ma è sempre accompagnata, nella persona giustificata, da tutte le altre grazie salvifiche. Essa non è quindi una fede morta, ma una fede operante per mezzo dell'amore (237).

(236) Gio 1:12; Rom 3:28; Rom 5:1.
(237) Gia 2:17,22,26; Gal 5:6.

3. Cristo, mediante la sua obbedienza e la sua morte, ha pienamente saldato il debito di tutti coloro che sono giustificati, e, per loro, ha reso una propria, reale e piena soddisfazione della giustizia richiesta dal Padre (238). Tuttavia, perché Egli fu per essi dato dal Padre (239), e la sua obbedienza venne accettata come pienamente soddisfacente in loro vece (240), (e tutto ciò incondizionatamente e non a causa di qualcosa che fosse in loro) essi sono giustificati completamente ed unicamente per una grazia incondizionata (241), affinché nella giustificazione dei peccatori fossero glorificate sia la giustizia assoluta che la grazia abbondante di Dio (242).

(238) Rom 5:8,9,10,19; 1Ti 2:5,6; Ebr 10:10,14; Dan 9:24,26; Isa 53:4-12.
(239) Rom 8:32.
(240) 2Co 5:21; Mat 3:17; Efe 5:2.
(241) Rom 3:24; Ef 1:7.
(242) Rom 3:26; Ef 2:7.

4. Fin dall'eternità Dio ha determinato di giustificare tutti gli eletti (243), e Cristo, nella pienezza dei tempi, è morto per i loro peccati ed è risorto per la loro giustificazione (244). Ciononostante, essi non sono giustificati personalmente finché lo Spirito Santo, a tempo debito, non applichi loro il beneficio di Cristo (245).

(243) Gal 3:8; 1Pi 1:2,19,20; Rom 8:30.
(244) Gal 4:4; 1Ti 2:6; Rom 4:25.
(245) Col 1:21,22; Gal 2:16; Tit 3:4-7.

5. Dio continua a perdonare i peccati di coloro che sono giustificati (246), e sebbene mai possano scadere dal loro stato di giustificazione (247), tuttavia, a causa dei loro peccati, possono dispiacere a Dio, loro Padre. In questa condizione non splende per essi la luce del suo volto, finché non si umiliano, confessino i loro peccati, chiedano perdono e rinnovino la loro fede e il loro ravvedimento (248).

(246) Mat 6:12; 1Gi 1:7,9; 1Gi 2:1,2.
(247) Luc 22:32; Gio 10:28; Ebr 10:14.
(248) Sal 89:31-33; 51:7-12; 31:5; Mat 26:75; 1Co 11:30,32; Luc 1:20.

6. La giustificazione dei credenti durante il periodo dell'Antico Testamento era, in tutti questi particolari, esattamente uguale alla giustificazione dei credenti nel Nuovo Testamento (249).

(249) Gal 3:9,13,14; Rom 4:22-24; Ebr 13:8

12. L'ADOZIONE

1. Dio ha garantito che -in Cristo e per Cristo, il suo unigenito Figliolo - tutti coloro che sono giustificati, partecipassero alla grazia dell'adozione (250), per la quale essi vengono uniti a coloro che sono figli di Dio e ne godono la libertà e i privilegi (251). Dio scrive il suo nome su di essi (252) ed essi ricevono lo Spirito di adozione (253). Hanno accesso al trono della grazia con libertà e piena fiducia (254), a sono resi capaci di gridare: Abba, Padre (254) ed Egli, come da un padre, è pietoso verso di loro (255), li protegge (256), provvede loro (257), li corregge (258), giammai li rigetta (259), ma sono suggellati per il giorno della redenzione (260) quando erediteranno le promesse (261) come eredi di una salvezza eterna (262).

(250) Efe 1:5; Gal 4:4,5.
(251) Rom 8:17; Gio 1:12.
(252) Ger 14:9; 2Co 6:18; Apo 3:12.
(253) Rom 8:15.
(254) Gal 4:6.
(255) Sal 103:13.
(256) Pro 14:26.
(257) Mat 6:30,32; 1Pi 5:7.
(258) Ebr 12:6.
(259) Lam 3:31.
(260) Efe 4:30.
(261) Ebr 6:12.
(262) 1Pi 1:3,4; Ebr 1:14.

13. LA SANTIFICAZIONE

1. Coloro che sono efficacemente chiamati e rigenerati, avendo Dio creato in essi un nuovo cuore ed un nuovo spirito, vengono ulteriormente, in modo vero e personale, santificati in virtù della morte e della risurrezione di Cristo (263) tramite la sua Parola ed il suo Spirito che dimora in loro (264). La signoria dell'intero corpo del peccato è annullata (265), le sua diverse concupiscenze vengono sempre più indebolite e mortificate (266), ed essi vengono sempre più vivificati e fortificati in tutte le grazie salvifiche (267), per praticare la vera santità, senza la quale nessuno vedrà il Signore (268).

(263) 1Co 6:11; Att 20:32; Fil 3:10; Rom 6:5,6.
(264) Gio 17:17; Efe 5:26; 2Te 2:13.
(265) Rom 6:6,14.
(266) Gal 5:24; Rom 8:13.
(267) Col 1:11; Ef 3:16-19.
(268) 2Cor 7:1; Eb 12:14.

2. Questa santificazione si estende ad ogni parte dell'intera persona (269), tuttavia in questa vita essa è incompleta. Dei residui di corruzione vi rimangono in ogni loro parte (270), tanto da vedervi una guerra continua ed irriconciliabile carne che ha desideri contrari allo Spirito, e lo Spirito desideri contrari alla carne (271).

(269) 1Te 5:23.
(270) 1Gi 1:10; Rom 7:18.
(271) Gal 5:17; 1Pt 2:11.

3. Sebbene in questa guerra la corruzione residua possa prevalere per un certo tempo (272), tuttavia, grazie alla continua provvigione di forza che proviene dallo Spirito santificante di Cristo, la parte rigenerata prevale (273), e così i santi crescono nella grazia (274), perfezionando la santità nel timore di Dio (275).

(272) Rom 7:23.
(273) Rom 6:14; 1Gi 5:4; Efe 4:15,16.
(274) 2Pi 3:18; 2Co 3:18.
(275) 2Cor 7:1.

14. LA FEDE SALVIFICA

1. La grazia della fede, per la quale gli eletti sono resi capaci di credere per la salvezza delle loro anime (276), è opera dello Spirito di Cristo nei loro cuori (277), ed è normalmente operata per mezzo del ministero della Parola (278). Essa viene anche aumentata e rafforzata mediante l'- amministrazione dei sacramenti e dalla preghiera (279).

(276) Ebr 10:39.
(277) 2Co 4:13; Efe 1:17-19; 2:8.
(278) Rom 10:14,17.
(279) 1Pi 2:2; Att 20:32; Rom 4:11; Luc 17:5; Rom 1:16,17.

2. Per questa fede un cristiano crede alla verità di tutto ciò che è rivelato nella Parola in quanto in essa vi parla l'autorità di Dio stesso (280), agisce a seconda di ciò che un brano particolare comunica, ubbidendo ad esso (281), tremando alle sue minacce (282), ed abbracciando le promesse di Dio per questa vita e quella a venire (283). Gli atti principali della fede salvifica, però, sono accettare e ricevere Cristo, trovandovi la nostra pace, essendo da Lui giustificati, santificati e ricevendone la vita eterna, in virtù del patto di grazia (284).

(280) Gio 4:42; 1Te 2:13; 1Gi 5:10; Att 24:14.
(281) Rom 16:26.
(282) Isa 66:2.
(283) Ebr 11:13; 1Ti 4:8.
(284) Gio 1:12; Att 16:31; Gal 2:20; Att 15:11.

3. Esistono vari gradi di fede salvifica, debole o forte (285), può essere spesso ed in modi diversi assalita e indebolita, ma ne riporta sempre la vittoria (286), crescendo in molti fino al raggiungimento della completa certezza mediante Cristo (287), il quale è sia l'autore che il compitore della nostra fede (288).

(285) Ebr 5:13,14; Rom 4:19,20; Mat 6:30; 8:10.
(286) Luc 22:31,32; Efe 6:16; 1Gi 5:4,5.
(287) Ebr 6:11,12; 10:22; Col 2:2.
(288) Ebr 12:2.

15. IL RAVVEDIMENTO CHE PORTA ALLA VITA

1. Il ravvedimento che porta alla vita è una grazia dell'Evangelo (287), la cui dottrina relativa deve essere predicata da ogni ministro dell'Evangelo, allo stesso modo di quella riguardo alla fede in Cristo (288).

(287) Zac 12:10; Att 11:18.
(288) Luc 24:47; Mar 1:15; Att 20:21.

2. Per esso il peccatore -considerando e toccando con mano i suoi peccati non solo per la loro pericolosità, ma pure in quanto sono immondi e odiosi, contrari alla santa natura di Dio ed alla sua giusta legge, e attingendone la misericordia in Cristo per tutti coloro che si pentono - così odia e si rammarica dei suoi peccati, tanto da volgersi da essi verso Dio (289), proponendosi e sforzandosi di camminare con Lui in tutto ciò che i suoi comandamenti affermano (290).

(289) Eze 18:30,31; 36:31; Isa 30:22; Sal 51:4; Ger 31:18,19; Gil 2:12,13; Amo 5:15; Sal 119:128; 2Co 7:11.
(290) Sal 119:6,59,106; Luc 1:6; 2 Re 23:25.

3. Sebbene il ravvedimento in sé non possa essere considerato in alcun modo atto tale da soddisfare la giustizia di Dio dopo il peccato, né tantomeno su di esso si possa fondare alcuna pretesa di perdono (291), il quale è solo libero atto della grazia di Dio in Cristo (292), esso permane per ciascun peccatore una necessità così importante che senza di esso nessuno può sperare di essere perdonato (293).

(291) Ez 36:31,32; 16:61-63.
(292) Os 14:2,4; Rom 3:24; Ef 1:7.
(729) Lc 13:3,5; At 17:30,31.

4. Se da una parte non c'è peccato tanto piccolo da non meritare dannazione (294), così non c'è peccato tanto grande che possa dannare coloro che veramente se ne ravvedano (295). 

(294) Rom 6:23; 5:12; Mat 12:36.
(295) Isa 55:7; Rom 8:1; Isa 1:16,18.

5. Gli uomini non dovrebbero accontentarsi di un generico ravvedimento, ma è dovere di ciascuno adoprarsi nel ravvedersi di ogni peccato particolare che si commetta (296).

(296) Sal 19:13; Luc 19:8; 1Ti 1:13,15.

6. Se da un canto ogni persona è tenuta a confessare privatamente i suoi peccati a Dio, pregando per il loro perdono (297) di fatto chi confessa le proprie trasgressioni e le abbandona otterrà misericordia (298) dall'altro, colui che scandalizza suo fratello, o la chiesa di Cristo, deve essere pronto, per mezzo di una confessione privata o pubblica, dove esprimerà dispiacere per il suo peccato, dichiarare il suo pentimento davanti a coloro che ha offeso (299), i quali su questa base dovranno riconciliarsi con Lui e riaccoglierlo con amore (300).

(297) Sal 51:4,5,7,9,14; 32:5,6.
(298) Pro 28:13; 1Gi 1:9.
(299) Gm 5:16; Lc 17:3,4; Gs 7:19.
(300) 2Cor 2:8.

16. LE BUONE OPERE

1. Le buone opere sono solo quelle che Dio ha esplicitamente comandato nella sua santa parola (301), e non quelle che, senza la sanzione divina, che gli uomini concepiscono dal loro zelo senza conoscenza, o sotto il pretesto delle buone intenzioni (302).

(301) Mic 6:8; Rom 12:2; Ebr 13:21.
(302) Mat 15:9; Isa 29:13; 1Pt 1:18; Rom 10:2; Gio 16:2; 1Sam 15:21-23.

2. Queste buone opere, compiute in obbedienza ai comandamenti di Dio, sono il frutto e l'evidenza di una fede vera e vivente (303). Mediante esse i credenti manifestano la loro riconoscenza (304), rendono sicura la loro vocazione ed elezione (305), edificano i loro fratelli (306), adornano la loro professione dell'Evangelo (307), turano la bocca all'ignoranza degli uomini stolti (308), e glorificano Dio (309). Difatti i credenti sono fattura di Lui, essendo stati creati in Cristo Gesù in vista delle opere buone (310) affinché, godendo del frutto della loro santificazione, abbiano per fine la vita eterna (311).

(303) Gia 2:18,22.
(304) Sal 116:12,13; 1Pi 2:9.
(305) 1Gi 2:3,5; 2Pi 1:5-10.
(306) 2Co 9:2; Mat 5:16.
(307) Tit 2:5-12; 1Ti 6:1.
(308) 1Pi 2:15.
(309) 1Pi 2:12; Fil 1:11; Gio 15:8.
(310) Efe 2:10.
(311) Rom 6:22.

3. La loro capacità di compiere opere buone non deriva da loro stessi, ma totalmente dallo Spirito di Cristo (312). Affinché essi ne possano essere capaci, oltre alle grazie che già hanno ricevuto, è necessaria una specifica influenza dello stesso Spirito Santo, in quanto è Lui che opera in loro il volere e l'operare per la sua benevolenza (313). Ciononostante essi non devono diventare negligenti, come se non fossero tenuti a compiere il loro dovere se non per specifico impulso dello Spirito, ma essi dovranno essere diligenti a ravvivare la grazia di Dio che è in loro (314).

(312) Gio 15:4-6; Eze 36:26,27.
(313) Fil 2:13; 4:13; 2Co 3:5.
(314) Fil 2:12; Ebr 6:11,12; 2Pi 1:3,5,10,11; Isa 64:7; 2Ti 1:6; Att 26:6,7; Gd 1:20,21.

4. Coloro che, nella loro obbedienza, raggiungono il massimo che possa essere compiuto in

questa vita sono ancora molto lontani da un zelo eccessivo e dal fare più di quanto Dio esige. Essi anzi mancano nei confronti di Dio in tante cose che hanno il dovere di fare (315).

(315) Luc 17:10; Nee 13:22; Gib 9:2,3; Gal 5:17.

5. Noi non possiamo, nemmeno per le nostre opere migliori, meritare da parte di Dio, il perdono dei nostri peccati o la vita eterna per il grande divario fra loro e la gloria a venire, e l'infinita distanza che c'è fra noi e Dio. Con le nostre opere noi non possiamo avere un qualche vantaggio né possiamo soddisfare Dio per il debito dei nostri peccati (316). Quando però noi abbiamo fatto del nostro meglio, abbiamo solo fatto il nostro dovere e siamo ancora servi inutili (317). Nella misura in cui le nostre opere sono buone, esse hanno origine nell'opera dello Spirito Santo (318), ma in quanto esse sono compiute da noi, esse ancora sono tanto contaminate e mescolate con debolezza ed imperfezione, che non potrebbero comunque reggere di fronte alla severità del giudizio di Dio (319).

(316) Rom 3:20; 4:2,4,6; Efe 2:8,9; Tit 3:5,6,7; Rom 8:18; Sal 16:2; Gib 22:2,3; 35:7,8.
(317) Luc 17:10; Gal 5:22,23.
(319) Isa 64:6; Gal 5:17; Rom 7:15,18; Sal 143:2; 130:3.

6. Tuttavia, poiché i credenti come individui sono accettati per mezzo di Cristo, anche le loro buone opere sono accettate per mezzo di Lui (320). I credenti in questa vita non sono completamente irreprensibili e senza biasimo agli occhi di Dio (321), ma Egli li vede nel suo Figlio ed è contento di accettare e ricompensare ciò che è sincero, anche se è accompagnato da molte debolezze ed imperfezioni (322).

(320) Efe 1:6; 1Pi 2:5; Eso 28:38; Gen 4:4; Ebr 11:4.
(321) Gib 9:20; Sal 143:2.
(322) Ebr 13:20,21; 2Co 8:12; Ebr 6:10; Mat 25:21,23.

7. Le opere compiute da persone non rigenerate, possono essere in sé stesse conformi a ciò che Dio comanda e possono fare del bene sia ai loro autori che agli altri (323). Tuttavia, per il fatto che non procedono da un cuore purificato dalla fede (324) e che non sono compiute nella maniera giusta secondo la Parola (325), né per il giusto fine, cioè la gloria di Dio (326), sono quindi peccaminose e non possono piacere a Dio, né rendere l'uomo atto a ricevere la sua grazia (327). Trascurare per queste opere è però ancora più peccaminoso e fa ancora più dispiacere a Dio (328).

(323) 2 Re 10:30,31; 1 Re 21:27,29; Fil 1:15,16,18.
(324) Gen 4:5; Ebr 11:4,6.
(325) 1Co 13:3; Isa 1:12.
(326) Mat 6:2,5,16.
(327) Agg 2:4; Tit 1:5; Amo 5:21,22; Ose 1:4; Rom 9:16; Tit 3:15.
(328) Sal 14:4; 36:3; Gib 21:14,15; Mat 25:41-43,45; 23:3.

17. LA PERSEVERANZA DEI SANTI

1. Quelli che Dio ha accolto nel suo amato Figliolo, quelli che efficacemente ha chiamato e santificato per il suo Spirito, non possono scadere né totalmente né definitivamente dallo stato di grazia; anzi, persevereranno certamente in quello stato fino alla fine, e saranno salvati eternamente (329).

(329) Fil 1:6; 2Pi 1:10; Gio 10:28,29; 1Gi 3:9; 1Pi 1:5,9.

2. Questa perseveranza dei santi non dipende dalla loro libera volontà, ma dall'immutabilità del decreto dell'elezione, il quale procede dall'amore gratuito ed immutabile di Dio Padre (330), dall'efficacia del merito e dell'intercessione di Gesù Cristo (331); dalla dimora in essi dello Spirito, dal seme di Dio presente in loro (332), e dalla stessa natura del patto di grazia (333). Tutti questi fattori danno luogo alla certezza ed infallibilità della perseveranza dei santi (333).

(330) 2Ti 2:18,19; Gen 31:3.
(331) Ebr 10:10,14; 13:20,21; 9:12-15; Rom 8:33-39; Gio 17:11,24; Luc 22:32; Ebr 7:25.
(332) Gio 14:16,17; 1Gi 2:27; 1Gi 3:9.
(333) Ger 32:40).
(334) Gio 10:28; 2Te 3:3; 1Gi 2:19.

3. I santi tuttavia possono cadere in peccati molto gravi (335) a causa delle tentazioni di Satana e del mondo, dal prevalere in essi della loro corruzione residua, e dal fatto di avere trascurato i mezzi che Dio ha provveduto per preservarli. E' possibile che continuino in questo stato (336) per un certo tempo, in modo da causare su di loro il dispiacere di Dio (337), da contristare il suo Spirito Santo (338) e da venire privati in qualche misura delle loro grazie e consolazioni (339), da subire l'indurimento del loro cuore (340) ed il ferimento della loro coscienza (341), da offendere e scandalizzare gli altri (342) e da attirare su di sé giudizi temporanei (343).

(335) Mat 26:70,72,74.
(336) Sal 51.
(337) Isa 64:5,7,9; 2Sa 11:27.
(338) Efe 4:30.
(339) Sal 51:8,10,1; Apo 2:4; Can 5:2-6.
(340) Isa 63:17; Mr. 6:52; 16:14.
(341) Sal 32:3,4; 51:8.
(342) 2Sa 12:14.
(343) Sal 89:31,32; 1Co 11:32.

18. LA SICUREZZA DELLA GRAZIA E LA SALVEZZA

1. Sebbene vi possano essere ipocriti ed altre persone non rigenerate che, con false speranze e con presunzioni carnali, inutilmente ingannino sé stessi immaginando di essere nel favore di Dio e in stato di salvezza (344), tale speranza sarà disillusa (345). Al contrario, quelli che veramente credono nel Signore Gesù, lo amano con sincerità, e si sforzano di camminare in buona coscienza davanti a lui, possono in questa vita avere la certezza d'essere in stato di grazia (346) e possono gloriarsi nella speranza della gloria di Dio e da una tale speranza non saranno mai delusi (347).

(344) Gib 8:13,14; Mic 3:11; Deu 29:19; Gio 7:41.
(345) Mat 7:22,23.
(346) 1Gi 2:3; 3:14,18,19,21,24; 5:3.
(347) Rom 5:2,5.

2. Questa sicurezza non è semplicemente una convinzione ipotetica o probabile fondata su una speranza fallibile (348). E' invece una sicurezza di fede infallibile, che ha come fondamento la divina verità delle promesse di salvezza (349), l'evidenza interiore di quelle grazie alle quali queste promesse sono congiunte (350), nonché la testimonianza dello Spirito di adozione che testimonia con il nostro spirito che noi siamo figlioli di Dio (351). Questo Spirito è pegno della nostra eredità, e con esso noi siamo suggellati fino al giorno della redenzione (352).

(348) Ebr 6:11,19.
(349) Ebr 6:17,18.
(350) 2Pi 1:4,5,10,11; 1Gi 2:3; 3:14; 2Co 1:12.
(351) Rom 8:15,16.
(352) Efe 1:13,14; 4:30; 2Co 1:21,22.

3. Questa sicurezza infallibile non fa parte dell'essenza della fede: un vero credente può aspettare a lungo e lottare contro tante difficoltà prima di esserne partecipe (353). Tuttavia, essendo reso capace dallo Spirito a conoscere le cose che Dio dà gratuitamente, egli potrà, senza alcuna rivelazione straordinaria, raggiungere questa sicurezza, se si serve dei mezzi della grazia in modo giusto (354). Perciò tutti hanno il dovere di impegnarsi a rendere sicura la loro vocazione ed elezione (355) affinché il loro cuore possa essere ripieno di pace e di gioia nello Spirito Santo, di amore e riconoscenza verso Dio, nonché di forza e di allegrezza nel compimento dei doveri di obbedienza (356), i quali sono i frutti naturali della sicurezza, che non dispone certo gli uomini ad azioni dissolute (357).

(353) 1Gi 5:13; Isa 1:10; Mar 9:24; Sal 77:1-12.
(354) 1Co 2:12; 1Gi 4:13; Ebr 6:11,12; Efe 3:17-19.
(355) 2Pi 1:10.
(356) Rom 5:1,2,5; 14:17; 15:13; Efe 1:3,4; Sal 4:6,7; 119:32.
(357) 1Gi 2:1,2; Rom 6:1,2; Tit 2:11,12,14; 2Co 7:1; Rom 8:1,12; 1Gi 3:2,3; Sal 130:4; 1Gi 1:6,7.

4. La sicurezza della salvezza dei veri credenti può essere scossa, diminuita o interrotta in vari modi: o perché trascurano di preservarla, o perché sono caduti in qualche peccato particolare il quale ferisce la coscienza e contrista lo Spirito, o per una tentazione improvvisa e forte, o perché Dio ha nascosto la luce del suo volto, lasciando che anche quelli che lo temono camminino nelle tenebre senza una luce (358). Tuttavia i credenti non sono mai privati totalmente del seme di Dio, della vita della fede, dell'amore di Cristo e dei fratelli, della sincerità di cuore e della coscienza del proprio dovere. Per mezzo di queste cose e per l'opera dello Spirito è possibile con il tempo ravvivare la loro sicurezza (359) e nel frattempo queste grazie li preservano dalla totale disperazione (360).

(358) Can 5:2,3,6; Sal 51:8,12,14; Efe 4:30,31; Sal 77:1-10; Mat 26:69-72; Sal 31:22; 88; Isa 50:10.
(359) 1Gi 3:9; Luc 22:32; Gen 13:15; Sal 73:15; 51:8,12; Isa 50:10.
(360) Mic 7:7-9; Ger 32:40; Isa 55:7-10; Sal 22:1.

19. LA LEGGE DI DIO

1. Dio diede ad Adamo una legge contenuta in un patto d'opere, per la quale Egli vincolò lui e tutta la sua discendenza, ad un'obbedienza personale, intera, rigorosa e perpetua, con una promessa di vita se vi avessero adempiuto, ed una minaccia di morte se l'avessero violata. Contemporaneamente fu data ad Adamo la forza e la capacità di adempiervi (361). (361) Gen 1:26,27; 2:17; Rom 2:14,15; 10:5; 5:12,19; Gal 3:10,12; Ecc 7:29; Gib 28:28. 2. Questa legge, dopo la sua caduta, continua a rappresentare una regola perfetta di giustizia e, come tale, fu data da Dio sul monte Sinai nei dieci comandamenti, e scritta su due tavole (362). I primi quattro comandamenti contengono il nostro dovere verso Dio, e gli altri sei il nostro dovere verso l'uomo (363).

(362) Gia 2:25; 2:8,10-12; Rom 13:8,9; Deu 15:3; 10:4; Eso 24:1.
(363) Mat 22:37-40.

3. Oltre a questa legge, chiamata generalmente la legge morale, piacque a Dio di dare al popolo di Israele, come ad una chiesa minorenne, delle leggi cerimoniali che contenevano diverse ordinanze con significato tipologico. Queste ordinanze riguardavano in parte il culto, ed in esse era prefigurato Cristo con i suoi attributi, le sue qualità, le sue azioni, le sue sofferenze, i suoi benefici (364). Inoltre esse davano istruzioni intorno ai doveri morali (365). Tutte queste leggi cerimoniali sono state abrogate sotto il Nuovo Testamento (366).

(364) Ebr 9; 10:1; Gal 4:1-3; Col 2:17.
(365) 1Co 5:7; 2Co 6:17; Gd 1:23.
(366) Col 2:14,16,17; Dan 9:27; Efe 2:15,16.

4. Al popolo di Israele, come società civile, Egli diede pure diverse leggi giudiziarie che non sono più in vigore da quando gli ebrei cessarono di essere una nazione. Nessuno è più ora tenuto alla loro osservanza, benché i loro principi generali di giustizia siano ancora validi in campo morale (367).

(367) Eso 21; 22:1-29; Gen 49:10; 1Pi 2:13,14; Mat 5:17,38,39; 1Co 9:8-10.

5. La legge morale è vincolante per tutti, giustificati o no (368), e non soltanto in considerazione del suo contenuto, ma anche per rispetto all'autorità di Dio creatore che l'ha data (369). Cristo, nell'Evangelo, non annulla in nessun modo questa legge, anzi, rafforza notevolmente il nostro obbligo di osservarla (370).

(368) Rom 13:8,9,10; Efe 6:2; 1Gi 2:3,4,7,8.
(369) Gia 2:10,11.
(370) Mat 5:17-19; Gia 2:8; Rom 3:31.

6. I veri credenti non sono sotto la legge intesa come un patto basato sulle opere, per essere da essa giustificati o condannati (371). Tuttavia essa è loro molto utile come agli altri, perché come regola di vita li informa della volontà di Dio e del loro dovere, guidandoli ed impegnandoli a camminare conformemente ad essa (372). Inoltre essa rivela le contaminazioni peccaminose della loro natura, cuore e vita (373), in modo che essi, usandola per illuminare la loro coscienza, possano giungere ad una maggiore convinzione e ad un maggiore odio del peccato (374), ad una maggiore umiliazione per averlo commesso e ad una consapevolezza maggiore del loro bisogno di Cristo e della perfezione della sua obbedienza (375). Inoltre la legge è utile ai rigenerati per contenere la propria natura corrotta in quanto essa vieta il peccato (376). Le minacce della legge servono a mostrare ciò che i peccati meritano e le afflizioni che essi causano in questa vita anche a chi è stato liberato dalla maledizione e dal rigore della legge (377). Allo stesso modo le promesse della legge mostrano ai credenti che Dio approva l'obbedienza, e quali benedizioni possano attendersi quando l'osservano (378). Non ricevono queste benedizioni per aver osservato la legge come un patto basato sulle opere (379). Se un uomo fa il bene e si ritira dal male soltanto perché la legge incoraggia il bene e scoraggia il male, ciò non vuol dire che egli sia sotto la legge e non sotto la grazia (380).

(371) Rom 6:14; Gal 2:16; 3:13; 4:4,5; Att 13:39; Rom 8:1.
(372) Rom 7:12,22,25; Sal 119:4-6; 1Co 7:19; Gal 5:14-23.
(373) 7Rom 7:7; 3:20.
(374) Gia 1:23-25; Rom 7:9,14,24.
(375) Gal 3:24; Rom 7:24,25; 7:3,4.
(376) Gia 2:11; Sal 119:101,104,128.
(377) Esd 9:13,14; Sal 89:30-34.
(378) Lev 26:1-14; 2Co 6:16; Efe 6:2,3; Sal 37:11; Mat 5:5; Sal 19:11.
(379) Gal 2:16; Luc 17:10.
(380) Rom 6:12,14; 1Pi 3:8-12; Sal 34:12-16; Ebr 12:28,29.

7. I suddetti modi di usare la legge non sono contrari alla grazia dell'Evangelo, ma s'accordano perfettamente con essa (381). Infatti lo spirito di Cristo sottomette la volontà dell'uomo e la rende capace di fare liberamente e con gioia ciò che la volontà di Dio, rivelata nella legge, esige (382). 

(381) Gal 3:21.
(382) Eze 36:27; Ebr 7:10; Gen 31:33.

20. LA LIBERTA' DEL CRISTIANO E LA LIBERTA' DI COSCIENZA

1. La libertà che Cristo ha acquistato per chi crede nell'Evangelo consiste: nella liberazione dalla colpa del peccato, dall'ira e dalla condanna di Dio, dal rigore e dalla maledizione della legge morale (383), dal presente secolo malvagio, dal potere di Satana, dal dominio del peccato (384), dai mali causate dalle afflizioni, dalla paura e dal dardo della morte, dalla vittoria della tomba e dalla dannazione eterna (385). Questa libertà si esprime anche nel libero accesso a Dio (386) e nella capacità di obbedire a Dio e nella capacità di obbedire a Dio, non per paura servile, ma con un amore docile e una mente volenterosa (387). Tutte queste libertà erano comuni pure a tutti i credenti che vivevano sotto la legge (388), ma sotto il Nuovo Patto la libertà dei cristiani si è ulteriormente estesa perché essi sono stati liberati dal giogo della legge cerimoniale alla quale era soggetta la chiesa ebraica (389). Inoltre i cristiani hanno una maggiore libertà di accesso al trono della grazia (390) ed un'esperienza più ampia dell'azione dello Spirito di Dio rispetto a quello ordinariamente goduto dai credenti vissuti sotto la legge (391).

(383) Tit 2:14; 1Te 1:10; Gal 3:13.
(384) Gal 1:4; Col 1:13; Att 26:18; Rom 6:14.
(385) Rom 8:28; Sal 119:71; 1Co 15:54-57; Rom 8:1.
(386) Rom 5:1,2.
(387) Rom 8:14,15; 1Gi 4:18.
(388) Gal 3:9,14.
(389) Gal 4:1-3,6,7; 5:1; Att 15:10,11.
(390) Ebr 4:14,16; 10:19-22.
(391) Gio 7:38,39; 2Cor 3:13,17,18.

2. Dio solo è Signore sulla coscienza (392) e l'ha liberata da tutte le dottrine ed i comandamenti umani in qualche modo contrari alla sua Parola, o collaterali ad essa per quanto riguarda la fede o il culto (393). Perciò credere a tali dottrine o obbedire a tali comandamenti per motivi di coscienza significa tradire la vera libertà di coscienza (394). Esigere una fede implicita o un obbedienza assoluta e cieca, significa annientare la libertà di coscienza ed anche la ragione (395).

(392) Gia 4:12; Rom 14:4.
(393) Att 4:19; 5:29; 1Co 7:23; Mat 23:8,9,10; 2Co 1:24; Mat 15:9.
(394) Col 2:20-23; Gal 1:10; 2:4,5; 5:1.
(395) Rom 10:17; 14:23; Att 17:11; Gio 4:2; Ose 5:11; Apo 13:12,16,17; Gen 8:9.

3. Quelli che, con la scusa della libertà del cristiano, praticano qualche peccato, o serbano in cuore qualche concupiscenza, distruggono così facendo il fine stesso della libertà cristiana servire il Signore senza paura, in santità giustizia nel suo cospetto, tutti i giorni della nostra vita (396).

(396) Gal 5:12; 1Pi 2:6; 2Pi 2:19; Gio 8:34; Luc 1:74,75.

4. E poiché le autorità che Dio ha ordinato e la libertà che Cristo ha acquistato non sono intese da Dio per distruggere, ma per sostenersi e per preservarsi a vicenda, quelli che, con il pretesto della libertà del cristiano, si oppongono ad un'autorità legittima, civile od ecclesiastica che sia, o all'esercizio legittimo di questa autorità, resistono all'ordinanza di Dio (397). E per aver pubblicato opinioni o sostenuto principi che sono contrari alla luce della natura od ai principi conosciuti dal cristianesimo - (riguardanti la fede, il culto, o la condotta o alla potenza della pietà, oppure opinioni o pratiche errate le quali in sé stesse o nel modo in cui vengono pubblicate o sostenute, sono nocive alla pace ed all'ordine esteriore che Cristo ha stabilito nella chiesa, essi possono essere chiamati a fornire spiegazioni (398), e vedersi loro applicati provvedimenti disciplinari sia per mezzo delle censure della Chiesa che dal potere del magistrato civile (399).

(397) Mat 12:5; 1Pi 2:13,14,16; Rom 13:1-8; Ebr 13:17.
(398) Rom 1:32; 1Co 5:1,5,11,13; 2Gi 1:10,11; 2Te 3:14; 1Ti 6:8,4,5; Tit 1:10,11,13; 3:10; Mat 18:15-17; 1Ti 1:19,20; Apo 2:2,14,15,20; 3:9.
(399) Deu 13:6-12; Rom 13:3,4; 2Gi 1:10,11; Esd 7:23-28; Apo 17:12,16,17; Nee 13:15-30; 2 Re 23:5,6,9,20,21; 2Cr 34:33; 15:12,13,16; Dan 3:20; 1Ti 2:2; Isa 49:23; Zac 13:2,3.

21. IL CULTO E IL RIPOSO SABBATICO

1. La luce della natura mostra che c'è un Dio che ha signoria e sovranità su tutto, che Egli è giusto e buono e che fa del bene a tutti. Perciò è degno di essere temuto, amato, lodato, invocato, creduto e servito con tutto il cuore, con tutta l'anima e con tutta la forza (400). Il modo accettabile di adorare il vero Dio, però, è stato rivelato da Lui stesso, e quindi le forme della nostra adorazione sono limitate dalla sua volontà rivelata. Non è lecito adorarlo secondo invenzioni e schemi umani, né secondo i suggerimenti di Satana, né con immagini, né in altri modi non prescritti dalle Sacre Scritture (401).

(400) Rom 1:20; At 17:24; Sal 119:68; Gen 10:7; Sal 31:23; 18:3; Rom 10:12; Sal 62:8; Gs 24:14; Mr 12:33.
(401) Dt 12:32; Mt 15:9; At 17:25; Mt 4:9,10; Dt 15:1-20; Es 20:4,5,6; Col 2:23.

2. Il culto religioso deve essere reso a Dio, Padre, Figlio e Spirito Santo, e a Lui solo (402); non ad angeli, santi o altre creature (403); e dopo la caduta, questo non può avvenire senza un mediatore, né per mezzo di un mediatore diverso da Cristo solo (404).

(402) Mat 4:10; Gio 5:23; 2Co 13:14.
(403) Col 2:18; Apo 19:10; Rom 1:25.
(404) Gio 14:6; 1Ti 2:5; Efe 2:18; Col 3:17.

3. La preghiera, con ringraziamento, costituendo una parte speciale del culto religioso (405), viene richiesta da Dio a tutti gli uomini (406). Per essere accettabile, essa deve essere fatta nel nome del Figlio (407), con l'aiuto dello Spirito (408), secondo la sua volontà (409), con intelligenza, rispetto, umiltà, fervore, fede, amore, e perseveranza (410), e, se con la voce, in una lingua conosciuta (411).

(405) Fil 4:6.
(406) Sal 65:2.
(407) Gio 15:13,14; 1Pi 2:5.
(408) Rom 8:26.
(409) 1Gi 5:14.
(410) Sal 47:7; Ecc 5:1,2; Ebr 12:28; Gen 18:27; Gia 5:16; 1:6,7; Mar 11:24; Mat 6:12,14,15; Col 4:2; Efe 6:18.
(411) 1Co 14:14.

4. Bisogna pregare per le cose lecite (412) e per ogni genere di uomini viventi, o che vivranno in futuro (413), ma non per i morti (414), né per coloro di cui si sa che abbiano commesso il peccato che mena alla morte (415).

(412) 1Gi 5:14.
(413) 1Ti 2:1,2; Gio 17:20; 2Sa 7:29; Rut 4:12.
(414) 2Sa 12:21-23; Luc 16:25,26; Apo 14:13.
(415) 1Gi 5:16.

5. Fanno parte del culto religioso ordinario che si deve rendere a Dio: la lettura delle Scritture con santo timore (416); la sana predicazione (417), e l'ascolto attento della Parola, in obbedienza verso Dio, con intelligenza, fede e riverenza (418); il canto dei salmi di tutto cuore (419); come pure la debita amministrazione e il degno ricevere dei sacramenti istituiti da Cristo (420). A questi vanno aggiunti, da effettuarsi in diversi tempi e stagioni, in modo santo e religioso (421): i giuramenti religiosi (422); i solenni digiuni (423), e i rendimenti di grazie in occasioni speciali (424).

(416) Att 15:21; Apo 1:3.
(417) 2Ti 4:2.
(418) Gia 1:22; Att 10:33; Mat 13:19; Ebr 4:2; Isa 66:2.
(419) Col 3:16; Efe 5:19.
(420) Mat 28:19; 1Co 11:23-29; Att 2:42.
(421) Ebr 12:28.
(422) Deu 6:13; Nee 10:29; Isa 19:21; Ecc 5:4,5.
(423) Gil 2:12; Est 4:16; Mat 9:15; 1Co 7:5.
(424) Sal 107; Est 9:22.

6. Nell'economia dell'Evangelo, né la preghiera, né alcun altra parte del culto religioso, è legata a, o resa più accettabile da, un qualsiasi luogo dove venga fatta, o verso il quale ci si rivolga (425). Bisogna rendere il culto a Dio in ogni luogo (426) in spirito ed in verità (427); come per esempio ogni giorno (428) in famiglia (429), da soli nel segreto (430), solennemente nelle assemblee pubbliche che non devono venire né trascurate né abbandonate per negligenza o intenzionalmente, poiché Dio, nella sua Parola ci chiama ad esse (431).

(425) Gio 4:21.
(426) Mal 1:11.
(427) Gio 4:23,24.
(428) Mat 6:11.
(429) Ger 10:25; Deu 6:6,7; Gib 1:5; 2Sa 6:18,20; 1Pi 3:7; Att 10:2.
(430) Mat 6:6; Efe 6:18.
(431) Isa 56:6,7; Ebr 10:25; Pro 1:20,21,24; 8:34; Att 13:42; Luc 4:16; Att 2:42.

7. Poiché secondo la legge naturale, in generale, una debita proporzione di tempo, per ordine divino, dovrebbe essere messo a parte per il culto di Dio, così Egli, nella sua parola, tramite un comando positivo, morale e perpetuo in tal senso, vincolante per tutti gli uomini di tutti i tempi, ha stabilito un giorno su sette come riposo sabbatico da consacrare a Lui (432). Dall'inizio del mondo fino alla risurrezione di Cristo il sabato era stato l'ultimo giorno della settimana, ma dopo la risurrezione di Cristo il giorno consacrato a Dio divenne il primo giorno della settimana (433), chiamato il giorno del Signore, o Domenica (434), per essere osservato fino alla fine del mondo come il riposo sabbatico cristiano (435).

(432) Eso 20:8,10,11; Isa 56:2,4.
(433) Gen 2:2,3; 1Co 16:1,2; Att 20:7.
(434) Apo 1:10.
(435) Eso 20:8,10; Mat 5:17,18.

8. Questo riposo sabbatico viene quindi consacrato al Signore da coloro che, dopo essersi debitamente preparati nell'intimo loro, e sistemando in precedenza tutte le loro faccende quotidiane, non solo osservano un santo riposo da tutte le loro opere, parole e pensieri riguardanti le loro occupazioni e ricreazioni terrene per tutta la giornata (436), ma occupano l'intero tempo negli esercizi pubblici e privati del culto a Lui dovuto, nonché ad opere di misericordia e di soccorso (437).

(436) Es 20:8; 16:23-30; 31:15-17; Isa 58:13; Neh 13:15-22.
(437) Isa 58:13; Mt 12:1-13.

22. I GIURAMENTI ED I VOTI LEGITTIMI

1. Un giuramento legittimo è un aspetto del culto religioso (438), per cui, in un'occasione appropriata, una persona, giurando solennemente, chiama Dio a testimoniare rispetto ciò che asserisce o promette, nonché a giudicarlo secondo la verità o falsità di ciò che giura (439). 

(438) Deu 10:20.
(439) Es 20:7; Lev 19:12; 2Cor 1:23; 2Cr 6:22,23.

2. Il nome di Dio solo è ciò per cui si può giurare, ed esso deve essere usato con un santo timore e riverenza. Giurare quindi senza scopo o troppo in fretta con quel nome terribile e glorioso, o giurare per qualsiasi altra cosa, è peccaminoso ed è da aborrire (440). Ad ogni modo, quando si tratta di una questione importante e di una certa gravità, il giuramento è autorizzato dalla Parola di Dio sia nell'Antico come nel Nuovo Testamento (441). Perciò, quando un giuramento legittimo viene imposto da un'autorità legittima, esso può venire prestato (436).

(440) Eso 20:7; Gen 5:7; Mat 5:34,37; Gia 5:12.
(441) Ebr 6:16; 2Co 1:23; Isa 65:16.
(442) 1 Re 8:31; Esd 10:5.

3. Chiunque presta un giuramento dovrebbe debitamente considerare la gravità di un tale e simile atto, e quindi e non dovrebbe dichiarare null'altro che ciò per cui è persuaso essere assolutamente vero (443). Neppure potrà una persona legarsi da un giuramento rispetto a cose che non siano buone e giuste, e ciò che crede essere tale, nonché ciò che è in grado e deciso a realizzare (444). E' però un peccato rifiutarsi di prestare giuramento in qualsiasi cosa che, essendo buona e giusta, sia prescritto da un'autorità legittima (445).

(443) Eso 20:7; Gen 4:2.
(444) Gen 24:2-9.
(445) Num 5:19,21; Nee 5:12; Eso 22:7-11.

4. Bisogna giurare secondo il senso naturale e più evidente delle parole, senza alcuna ambiguità o riserva mentale (446). Non potrà obbligare a peccare; ma in ogni cosa che non sia peccaminosa, quando lo si presta, esso obbliga ad adempierla, anche a proprio danno (447), né lo si può violare, anche quando viene reso a eretici o infedeli (448).

(446) Gen 4:2; Sal 24:4.
(447) 1Sa 25:22,32,33,34; Sal 15:4.
(448) Eze 17:16-19; Gs 9:18,19; 2Sa 21:1.

5. Un voto è della stessa natura che un giuramento promissorio, e dovrebbe essere fatto con cura religiosa ed adempiuto con altrettanta fedeltà (449).

(449) Isa 19:21, Ecc 5:4-6; Sal 61:8; 66:13,14.

6. Esso non deve essere fatto a creature, ma a Dio solo (450), e per essere accettabile deve essere volontario, fatto per fede, e nella coscienza del proprio dovere, per riconoscenza per una misericordia ricevuta, o per ottenere ciò che desideriamo. Per esso noi ci leghiamo strettamente ad un dovere necessario, o ad altre cose, fintanto che ci debitamente vi possa condurvi (451).

(450) Sal 76:11; Gen 44:25,26.
(451) Deu 23:21-23; Sal 50:14; Gen 28:20-22; 1Sa 1:11; Sal 66:13,14; 132:2-5.

7. Nessuno può fare voto di compiere cose proibite dalla Parola di Dio, o cose che impedirebbero qualsiasi dovere ivi comandato, o cose che non si ha il potere di fare, o per l'adempimento delle quali non abbia promessa o capacità da parte di Dio (452). A questo riguardo i voti monastici papisti di castità permanente, di povertà professata, e di obbedienza ad una regola sono molto lontani dal costituire un livello di perfezione superiore e sono piuttosto simili a lacci superstiziosi e peccaminosi in cui nessun cristiano dovrebbe inciampare (453).

(452) At 23:12,14; Mar 6:26; Num 30:5,8,12,13.
(453) Mt 19:11,12; 1Cor 7:2,9; Ef 4:28; 1Pt 4:2; 1Cor 7:23.

23. L'AUTORITÀ CIVILE

1. Dio, il supremo Re e Signore di tutto il mondo, ha ordinato autorità civili sotto di Lui e sopra il popolo, per la propria gloria e per il bene pubblico. A questo fine le ha armate con il potere della spada, per la difesa e l'incoraggiamento di coloro che fanno il bene e per la punizione di coloro che fanno il male (454).

(454) Rom 13:1-4; 1Pi 2:13,14.

2. Quando è loro richiesto, è lecito per i cristiani accettare di eseguire i compiti comandati dall'autorità (455). Nello svolgimento di questo ufficio essi sono particolarmente responsabili di mantenere la pietà, la giustizia e la pace, secondo le giuste leggi dello stato (456). A questo fine possono legittimamente sotto il nuovo patto partecipare alla guerra se essa è giusta e necessaria (457).

(455) Pro 8:15,16; Rom 13:1-4.
(456) Sal 2:10-12; 1Ti 2:2; Sal 82:3,4; 2Sa 23:3; 1Pi 2:13.
(457) Luc 3:14; Rom 13:4; Mat 8:9,10; Att 10:1,2; Apo 17:14,16.

3. L'autorità civile non deve assumersi il diritto di amministrare la Parola o i sacramenti, né il potere delle chiavi del regno dei cieli (458). Tuttavia possiede autorità ed è suo dovere far si che nella chiesa l'unità e la pace siano preservate, che la verità di Dio sia mantenuta pura ed integra, che tutte le bestemmie ed eresie siano soppresse, che tutte le corruzioni ed abusi del culto e della disciplina siano impedite o riformate e che tutte le ordinanze di Dio siano debitamente stabilite, amministrate ed osservate (459). Per compiere meglio tutto ciò, egli ha il potere di convocare sinodi, di assistere ad essi e di prescrivere che tutto ciò che in essi viene trattato sia secondo la mente di Dio (460).

(458) 2Cr 26:18; Mat 18:17; 16:19; 1Co 12:28,29; Efe 4:11,12; 1Co 4:1,2; Rom 10:15; Ebr 5:4.
(459) Isa 49:23; Sal 122:9; Esd 7:23-28; Lev 24:16; Deu 13:5,6,12; 2 Re 18:4; 1Cr 13:1-9; 2 Re 24:1-20; 2Cr 34:33; 15:12,13.
(460) 2Cr 19:8-11; 29; 30; Mat 2:4,5.

4. Il popolo ha il dovere di pregare per l'autorità (461), di onorarla come si fa con ogni persona (462), di pagare ad essi i tributi o altre tasse (463), di obbedire ai loro ordini legittimi, di essere soggetti alla loro autorità per motivo di coscienza (464). L'incredulità o una differenza di religione non rende invalido il giusto e legale potere delle autorità, neppure libera il popolo dal dovere di obbedire ad esse (465). Gli ecclesiastici non sono esenti da questo obbligo (466), tanto meno ha il papa qualche potere o giurisdizione sopra di essi nei loro domini, o sopra gli abitanti di essi; meno ancora ha egli il potere di privarli dei loro domini, o delle loro vite se egli dovesse considerarli eretici o per qualsiasi altro pretesto (467).

(461) 1Ti 2:1,2.
(462) 1Pi 2:17.
(463) Rom 13:6,7.
(464) Rom 13:5; Tit 3:1.
(465) 1Pi 2:13,4,16.
(466) Rom 13:1; 1 Re 2:35; Att 25:9,10,11; 2Pi 2:1,10,11; Giu 8-11.
(467) 1Te 2:4; Apo 13:15-17.

24. MATRIMONIO E DIVORZIO

1. Il matrimonio deve essere contratto fra un uomo solo e una donna sola. Non è lecito avere più di una moglie, né ad una donna avere più di un marito contemporaneamente (468).

(468) Gen 2:24; Mat 19:5,6; Pro 2:17.

2. Il matrimonio fu istituito per l'aiuto reciproco fra marito e moglie (468), per l'accrescimento del genere umano per mezzo di una discendenza legittima, e della chiesa per mezzo di figlioli santi (469), e per impedire l'immoralità (470).

(468) Gen 2:18.
(469) Mal 2:15.
(470) 1Co 7:2,9.
3. Possono legittimamente sposarsi persone d'ogni gente che siano in grado di dare il proprio consenso con giudizio (471). I cristiani, però, hanno il dovere di sposarsi nel Signore (472); quindi, quelli che professano la vera religione riformata non devono sposarsi con increduli, papisti, o altri idolatri. Le persone pie non devono neppure mettersi sotto un giogo che non è per loro sposandosi con chi notoriamente si conduce malvagiamente nella sua vita o sostiene eresie degne della condanna di Dio (473).

(471) Ebr 13:4; 1Ti 4:3; 1Co 7:36-38; Gen 24:57,58.
(472) 1Co 7:39.
(473) Gen 34:14; Eso 34:16; Deu 7:3,4; 1 Re 11:4; Nee 13:25,26,27; Mal 2:11,12; 2Co 6:14.

4. Non bisogna contrarre matrimonio entro i gradi di consanguineità o affinità vietati dalla Parola (474). Tali matrimoni incestuosi non possono mai essere legittimati da una legge umana o dal consenso delle parti in modo da permettere che i contraenti vivano insieme come marito e moglie (475). L'uomo non può sposare membri della parentela di sua moglie che abbiano un grado di consanguineità stretto quanto i propri parenti, né può la donna sposare membri della parentela del marito che abbiano un grado di consanguineità stretto quanto i propri parenti (476).

(474) Lev 18; 1Co 5:1; Amo 2:7.
(475) Mar 6:18; Lev 18:24-28.
(476) Lev 20:19-21.

5. L'adulterio e la fornicazione scoperti dopo un contratto e scoperti prima del matrimonio sono un motivo legittimo perché la parte innocente possa annullare il contratto (477). Nel caso di adulterio dopo il matrimonio, la parte innocente può legittimamente iniziare una causa di divorzio (478) e, dopo il divorzio, sposare un altro come se l'offensore fosse morto (479).

(477) Mat 1:18,19,20.
(478) Mat 5:31,32.
(479) Mat 19:9; Rom 7:2,3.

6. Anche se la corruzione dell'uomo è tale che tende a trovare motivi per separare ingiustamente quelli che Dio ha unito in matrimonio, tuttavia nessun motivo, tranne l'adulterio o l'abbandono volontario tale che non possa essere riparato né dalla Chiesa né dal autorità civile, è una causa sufficiente per la dissoluzione del legame matrimoniale (480). Nel fare ciò bisogna seguire un procedimento pubblico ed ordinato e far si che le persone coinvolte non siano abbandonate alla propria volontà o discrezione per quanto riguarda il loro caso (481).

(480) Mat 19:8,9; 1Co 7:15; Mat 19:6.
(481) Deu 24:1-4.

25. LA CHIESA

1. La chiesa cattolica o universale, la quale è invisibile, è composta dal numero completo degli eletti che sono stati, che sono, e che saranno raccolti insieme in unità, sotto Cristo, il Suo Capo. Essa è la sposa, il corpo, il compimento di Colui che porta a compimento ogni cosa in tutti (482).

(482) Efe 1:10,22,23; 5:23,27,32; Col 1:18.

2. La chiesa visibile, la quale sotto l'Evangelo è pure cattolica o universale cioè non confinata ad una nazione come sotto la legge, consiste di tutti coloro che, nel mondo intero professano la vera

religione (483), insieme ai loro figlioli (484). E' il regno del Signore Gesù Cristo (485), la casa e la famiglia di Dio (486), al di fuori dalla quale non v'è nessuna ordinaria possibilità di salvezza (487).

(483) 1Co 1:2; 12:12,13; Sal 2:8; Apo 7:9; Rom 15:9-12.
(484) 1Co 7:14; Att 2:39; Eze 16:20,21; Rom 11:16; Gen 3:15; Gen 17:7.
(485) Mat 13:47; Isa 9:7.
(486) Efe 2:19; 3:15.
(487) Att 2:47.

3. A questa chiesa cattolica e visibile Cristo ha dato il ministero, gli oracoli, e le ordinanze di Dio, per il radunamento e la perfezione dei santi in questa vita fino alla fine del mondo; e per mezzo della propria presenza e del Suo Spirito, secondo la sua promessa, Egli li rende efficaci (488). 

(489) 1Co 12:28; Efe 4:11-13; Mat 28:19,20; Isa 59:21.

4. Questa chiesa cattolica è stata a volte più, a volte meno, visibile (490) e le chiese particolari, membri di essa, sono più o meno pure a seconda della misura in cui la dottrina dell'Evangelo viene insegnato ed abbracciato, le ordinanze amministrate ed il culto pubblico celebrato con più o meno purezza (491).

(490) Rom 11:4; Apo 12:6,14.
(491) Apo 2; 3; 1Co 5:6,7.

5. Le chiese più pure sotto il cielo sono soggette a contaminazione e ad errore (492); alcune sono degenerate al punto da non essere più chiese di Cristo, ma sinagoghe di Satana (493). Ciononostante vi sarà sempre sulla terra una chiesa per rendere culto a Dio secondo la sua volontà (494).

(492) 1Co 13:12; Apo 2; 3; Mat 13:24-30,47.
(493) Apo 18:2; Rom 11:18-22.
(494) Mat 16:18; Sal 72:17; 102:28; Mat 28:19,20.

6. Non v'è altro capo della chiesa se non il Signore Gesù Cristo (495). Il papa di Roma non può essere in alcun senso il capo della chiesa, ma è [una espressione dell'] anticristo, quell'uomo di peccato e figliolo di perdizione, il quale si innalza nella chiesa contro Cristo, e contro tutto quello che è chiamato Dio (496).

(495) Col 1:18; Efe 1:22.
(496) Mat 23:8-10; 2Te 2:8,9; Apo 13:6.

26. LA COMUNIONE DEI SANTI

1. Tutti i santi che sono uniti a Gesù Cristo loro capo mediante il suo Spirito e per fede, hanno comunione con Lui nelle sue grazie, sofferenze, morte, risurrezione, e gloria (497). Essendo uniti l'uno con l'altro nell'amore, essi godono della comunione dei rispettivi doni e grazie (498). Ad essi compete l'espletamento di tutti quei doveri pubblici e privati, che possono contribuire al bene comune, sia spiritualmente che materialmente (499).

(497) 1Gi 1:3; Efe 3:16-19; Gio 1:16; Efe 2:5,6; Fil 3:10; Rom 6:5,6; 2Ti 2:12.
(498) Efe 4:15,16; 1Co 12:7; 3:21,22,23; Col 2:19.
(499) 1Te 5:11,14; Rom 1:11,12,14; 1Gi 3:16-18; Gal 6:10.

2. I santi, secondo la professione della loro fede, sono tenuti a mantenere una santa comunione nel culto che a Dio deve essere reso, nonché nell'esercizio di altri servizi spirituali che promuovono la loro reciproca edificazione (500). Devono anche darsi l'un l'altro sollievo materiale a seconda dei diversi bisogni e possibilità. Questa comunione, a seconda che Dio ne offra l'opportunità, deve essere estesa a tutti coloro che in ogni luogo invocano il nome del Signore Gesù (501).

(500) Ebr 10:24,25; Att 2:42,46; Isa 2:3; 1Co 11:20.
(501) Att 2:44; 1Gi 3:17; 2Co 8:9; Att 11:29,30.

3. La comunione che i santi hanno con Cristo non li rende in alcun modo né partecipi della sostanza della sua deità, né uguali in alcun modo a Cristo: affermare questo sarebbe empio e blasfemo (502). Nemmeno potrà la comunione che l'uno ha con l'altro togliere o violare il diritto di ognuno ai suoi beni o proprietà (503).

(502) Col 1:18,19; 1Co 8:6; Isa 42:8; 1Ti 6:15,16; Sal 45:7; Ebr 1:8,9.
(503) Eso 20:15; Att 5:4.

27. I SACRAMENTI

1. I sacramenti sono sacri segni e suggelli del patto di grazia (504), istituiti direttamente da Dio (505) atti a rappresentare Cristo ed i suoi benefici, nonché a confermare la nostra comunione con Lui (506). Essi segnano una differenza visibile fra coloro che appartengono alla Chiesa dal resto del mondo (507) e solennemente li impegnano al servizio di Dio in Cristo, secondo la Sua Parola (508).

(504) Rom 4:11; Gen 17:7,10.
(505) Mat 28:19; 1Co 11:23.
(506) 1Co 10:16; 11:25,26; Gal 3:27; 3:17.
(507) Rom 15:8; Eso 12:48; Gen 34:14.
(508) Rom 6:3,4; 1Co 10:16,21.

2. In ogni sacramento v'è un rapporto spirituale, o unione sacramentale, fra il segno e la cosa rappresentata per cui il nome e gli effetti dell'uno vengono attribuiti all'altro (509).

(509) Gen 17:10; 26:27,28; Tito 3:5.

3. La grazia che viene stabilita in o attraverso i sacramenti, rettamente amministrati, non viene conferita da un potere particolare in essi inerente, né l'efficacia di un sacramento dipende dalla pietà o dalle intenzioni di chi lo amministra (509), ma dall'opera dello Spirito (510) e dalla parola dell- 'istituzione. Essa contiene, insieme ad un precetto che ne autorizza l'uso, la promessa di beneficio a tutti coloro che la ricevono degnamente (511).

(509) Rom 2:28,29; 1Pi 3:21.
(510) Mat 3:11, 1Co 12:13.
(511) Mat 26:27,28; Mat 28:19,20.

4. Vi sono solo due sacramenti ordinati da Cristo, il nostro Signore, nell'Evangelo, cioè il Battesimo e la Cena del Signore, nessuno dei quali può essere amministrato da altri che un ministro della parola, legittimamente consacrato (512).

(512) Mat 28:19,20; 1Co 11:20,23; 1Co 4:1; Ebr 5:4.

5. I sacramenti dell'Antico Testamento, per quanto riguarda le cose spirituali in essi significate ed esibite erano sostanzialmente gli stessi che nel Nuovo (513).

(513) 1Co 10:1-4.

28. IL BATTESIMO

1. Il battesimo è un sacramento del Nuovo Testamento, ordinato da Gesù Cristo (514) 1. non soltanto per la solenne ammissione del battezzando nella chiesa visibile (515), ma pure 2. per essergli segno e suggello del patto di grazia (516),3. del suo innesto in Cristo (517), 4. della rigenerazione (518), 5. della remissione dei peccati (519), 6. e della sua consacrazione a Dio attraverso Gesù Cristo per camminare in novità di vita (520). Questo sacramento, per esplicito comando di Dio, dovrà continuare ad essere amministrato nella Sua Chiesa fino alla fine del mondo (521).

(514) Mat 28:19.
(515) 1Co 12:13.
(516) Rom 4:11; Col 2:11,12.
(517) Gal 3:27; Rom 6:5.
(518) Tit 3:5.
(519) Mar 1:4.
(520) Rom 6:3,4.
(521) Mat 28:19,20.
2. Il segno esteriore da usarsi nel sacramento è l'acqua con la quale la persona dovrà essere battezzata nel nome del Padre, del Figlio e dello Spirito Santo, da un ministro dell'Evangelo legalmente designato (522).

(522) Mat 3:11; Gio 1:33; Mat 28:19,20.

3. Non è necessario immergere una persona nell'acqua, ma il battesimo potrà essere giustamente amministrato versando o spruzzando l'acqua sulla persona (523).

(523) Ebr 9:10,19,20,21,22; Att 2:41; Att 16:33; Mar 7:4.

4. Non solo coloro che professano una fede di fatto in Cristo e Gli obbediscono, ma pure i bambini di uno o due genitori credenti devono essere battezzati (523). (523) Gen 17:7,9,14; Col 2:11,12; Att 2:38,39; Rom 4:11,12; Mat 28:19; Mar 10:13,14-16; Luc 18:15.

5. Sebbene sia un grave peccato disprezzare o trascurare questo segno (524), la grazia e la salvezza non sono unite inseparabilmente ad esso, come se una persona non potesse essere rigenerata senza di esso (525), oppure come se tutti i battezzati fossero indubbiamente rigenerati (526).

(524) Luc 7:30; Eso 4:24,25,26.
(525) Rom 4:11; Att 10:2,4,22,31,45,47.
(526) Att 8:13,23.

6. L'efficacia del battesimo non è legata al momento in cui viene amministrato (527), ciononostante, amministrandolo correttamente, la grazia promessa non solo viene offerta nel sacramento, ma realmente conferita ed mostrata dallo Spirito Santo a tutti quelli che sia adulti che bambini, ai quali quella grazia appartiene, secondo il consiglio della volontà di Dio, al tempo da Lui stabilito (528).

(527) Gio 3:5,8.
(528) Gal 3:27; Tit 3:5; Efe 5:25,26; Att 2:38,41.

8. Il sacramento del battesimo non potrà che essere amministrato ad una persona solo una volta (529).

(529) Tit 3:5.

29. LA CENA DEL SIGNORE

1. Il nostro Signore Gesù Cristo, nella notte in cui fu tradito, istituì il sacramento del suo corpo e del suo sangue, chiamato la Cena del Signore, affinché fosse osservata nella sua chiesa fino alla fine del mondo. Venne istituita 1. come commemorazione perpetua del sacrificio che Egli fece di sé stesso nella sua morte, 2. come suggello di tutti i benefici d'essa verso i veri credenti, 3. per il loro nutrimento spirituale e per la loro crescita in Lui, 4. perché si impegnassero maggiormente ad assolvere tutti i loro doveri verso di lui, ed infine 5. perché essa costituisse un vincolo ed un pegno della loro comunione con Lui e gli uni con gli altri, come membri del suo corpo mistico (530).

(530) 1Co 11:23-26; 1Co 10:16,17,21; 12:13.

2. Questo sacramento è una commemorazione di quell'unica offerta di sé stesso che Egli ha compiuto una volta per sempre sulla croce, accompagnata dall'offerta spirituale a Dio di tutta la lode possibile per questo sacrificio (531). Non si tratta in alcun modo di un vero sacrificio effettuato per la remissione dei peccati dei vivi e dei morti (532) e neppure in esso Cristo viene offerto a suo Padre. Il cosiddetto sacrificio della messa papista è una grande abominazione che reca ingiuria a quell'unico sacrificio di Cristo, il quale solo la propiziazione per tutti i peccati degli eletti (533).

(531) 1Co 11:24-26; Mat 26:26,27.
(532) Ebr 9:22,25,26,28.
(533) Ebr 7:23,24,27; 10:11,12,14,18.

3. Nel celebrare quest'ordinanza il Signore Gesù ha stabilito che i suoi ministri debbano 1. proclamare al popolo le sue parole di istituzione; 2. pregare e benedire gli elementi del pane e del vino, sottraendoli così all'uso comune per riservarli ad un uso santo; 3. prendere e spezzare il pane; 4. prendere il calice e poi, 5. dopo aversene nutriti essi stessi, offrire entrambi gli elementi ai soli partecipanti (534) presenti in quel momento nell'assemblea (535).

(534) Mat 26:26-28; Mar 14:22-24; Luc 22:19,20; 1Co 11:23-26.
(535) Att 20:7; 1Co 11:20.

4. Le messe private, il ricevere questo sacramento da un sacerdote, o da qualcun altro, da soli (536) come pure la negazione del calice al popolo (537); l'adorazione, l'elevazione e l'ostensione degli elementi, oppure la loro conservazione per falsi usi religiosi, sono tutti atti contrari alla natura di questa ordinanza e a ciò che Cristo ha istituito (538).

(536) 1Co 10:6.
(537) Mar 14:23; 1Co 11:25-29.
(538) Mat 15:9.

5. Gli elementi esteriori di questo sacramento, messi debitamente a parte per l'uso che Cristo ne ha stabilito, hanno un tale rapporto con Lui crocefisso, da venire a volte chiamati veramente, ma solo sacramentalmente, con il nome di ciò che rappresentano, cioè il corpo ed il sangue di Cristo (539). Tuttavia, nella loro sostanza e natura essi rimangono ancora veramente e solamente pane e vino, tanto quanto lo erano prima (540).

(539) Mat 26:26-28.
(540) 1Co 11:26-28; Mat 26:29.

6. La dottrina generalmente nota come transustanziazione, secondo cui la sostanza del pane e del vino viene trasformata nella sostanza del corpo e del sangue di Cristo dopo la consacrazione da parte di un sacerdote o in qualche altro modo, è in contrasto non solo con la Scrittura, ma anche con il buon senso e la ragione. Inoltre essa sovverte la natura stessa del sacramento ed è stata ed è la causa di numerose superstizioni e di grossolane idolatrie (541).

(541) Att 3:21; 1Co 11:24-26; Luc 24:6.

7. I partecipanti degni, che prendono esteriormente gli elementi visibili di questo sacramento (542), li ricevono anche interiormente e spiritualmente per fede, realmente e veramente, ma non carnalmente né corporalmente, e si cibano spiritualmente di Cristo crocefisso e di tutti i benefici della sua morte. Il corpo ed il sangue di Cristo non sono presenti né corporalmente né carnalmente in, con o sotto il pane ed il vino, ma sono veramente ma spiritualmente presenti alla fede di chi crede in questa ordinanza, così come gli elementi esteriori sono presenti ai loro sensi (543).

(542) 1Co 11:28.
(543) 1Co 10:16

8. Sebbene le persone ignoranti e malvagie ricevano i segni esteriori di questo sacramento, esse non ne ricevono ciò che in esso è significato, ma il loro indegno accostarsi al sacramento li rende colpevoli verso il corpo ed il sangue del Signore, a propria dannazione. Per cui tutte le persone ignoranti ed empie, tanto come sono inadatte alla comunione con lui, così sono indegne della mensa del Signore, e non possono, senza peccare grandemente contro Cristo, rimanendo in questa loro condizione, partecipare a questi santi misteri (544), od esserne ammessi (545).

(544) 1Co 11:27,28,29; 2Co 6:14,15,16.
(545) 1Co 5:6.

30. LA DISCIPLINA ECCLESIASTICA

1. Il Signore Gesù, come Re e Capo della sua Chiesa, ha stabilito in essa un governo, affidato ai funzionari della chiesa e separato da quello del autorità civile (546).

(546) Isa 9:6,7; 1Ti 5:17; 1Te 5:12; Att 20:17,18; Ebr 13:7,17,24; 1Co 12:28; Mat 28:18-20.

2. A questi funzionari sono affidate le chiavi del Regno di Dio, in virtù delle quali hanno il potere sia di ritenere che di rimettere i peccati, di chiudere le porte del Regno davanti agli impenitenti, sia  per mezzo della Parola che con le censure, e di aprirle davanti ai peccatori pentiti per mezzo del ministero dell'Evangelo e per mezzo dell'assoluzione dalle censure, a seconda dei casi (547).

(547) Mat 16:19; 18:17,18; Gio 20:21-23; 2Co 2:6-8.

3. L'esercizio della disciplina ecclesiastica è necessaria: 1. per ricuperare e riguadagnare i fratelli trasgressori, 2. per dissuadere gli altri dal fare simili cose, 2. per togliere il lievito che potrebbe infettare tutta la pasta, 3. per vendicare l'onore di Cristo e la santa professione dell'Evangelo, 4. e per prevenire l'ira di Dio che potrebbe giustamente ricadere sulla Chiesa se si dovesse permettere che il suo patto insieme ai suoi suggelli fossero profanati dai trasgressori notori ed ostinati (548).

(548) 1Co 5; 1Ti 5:20; Mat 6:6; 1Ti 1:20; 1Co 11:27ss; Gd 1:23.

4. Per meglio conseguire questi scopi, i funzionari della Chiesa devono procedere con l'ammonimento, con la sospensione dal sacramento della Cena del Signore per un certo periodo, e con la scomunica dalla chiesa, a seconda della natura del peccato e del demerito della persona (549).

(549) 1Te 5:12; 2Te 3:6,14,15; 1Co 5:4,5,13; Mat 18:17; Tit 3:10.

31. I SINODI ED I CONCILI

1. Per il migliore governo, ed ulteriore edificazione della chiesa, vi dovrebbero essere delle assemblee, generalmente chiamate sinodi o concili (550).

(550) Att 15:2,4,6.

2. Poiché le autorità civili possono convocare legittimamente un sinodo di ministri e di altre persone adatte con cui consultarsi e consigliarsi riguardo a questioni di religione (551), così, allo stesso modo, se le autorità dovessero essere nemiche dichiarate della Chiesa, i ministri di Cristo, in virtù del loro ufficio, possono riunirsi in tali assemblee da soli oppure insieme a persone adatte delegate dalle chiese (552).

(551) Isa 49:23; 1Ti 2:1,2; 2Cr 19:8ss; 2Cr 29:30; Mat 2:4,5; Pro 11:14.
(552) Att 15:2,4,22-25.

3. I sinodi ed i concili hanno il compito ministeriale di risolvere controversie di fede e casi di coscienza, di stabilire regole e direttive per ordinare meglio il culto pubblico di Dio ed il governo della sua chiesa, di ricevere proteste in casi di cattiva amministrazione e con autorità risolverle. Questi decreti e delibere, se conformi alla Parola di Dio, devono essere ricevuti con riverenza e sottomissione, non solo per il loro accordo con la Parola, ma anche per l'autorità con cui vengono fatti, il che è un'ordinanza di Dio, stabilita nella sua Parola (553).

(553) Att 15:15-31; Mat 18:17-20.

4. Tutti i sinodi o concili fin dai tempi apostolici, sia generali o circoscritti, possono errare ed molti hanno errato. Perciò non devono essere considerati come la regola di fede o di condotta, ma devono essere usati come un aiuto per entrambe (554).

(554) Efe 2:20; Att 17:11; 1Co 2:5; 2Co 1:24.

5. I sinodi ed i concili non devono trattare, né fare delibere su questioni che non siano ecclesiastiche; né devono intromettersi negli affari civili che sono di competenza dello stato, se non nei casi di un'umile petizione in casi eccezionali, o di consigli per soddisfazione di coscienza se ciò viene richiesto dal autorità civile (555).

(555) Luc 12:13,14; Gio 18:36.

32. LO STATO DELL'UOMO DOPO LA MORTE E LA RISURREZIONE DEI MORTI

1. Il corpo della persona umana dopo la morte ritorna in polvere, e vede la corruzione (556), il suo spirito, però, che non muore non dorme avendo sussistenza immortale, immediatamente ritorna a Dio che l'ha dato (557). Gli spiriti dei giusti, resi perfetti in santità, vengono ricevuti al di sopra di tutti i cieli. Là essi contemplano il volto di Dio nella luce e nella gloria, attendendo la piena redenzione del loro corpo (558). Gli spiriti dei malvagi vengono invece gettati nell'Ades dove rimangono nei tormenti e nelle tenebre, là serbati per il gran giorno dei giudizio (559). La Scrittura non riconosce alcun altro luogo oltre a questi due per gli spiriti separati dal corpo.

(556) Gen 3:19; Att 13:36.
(557) Luc 23:43; Ecc 12:7,9.
(558) Ebr 12:23; 2Co 5:1,6,8; Fil 1:23; Att 3:21; Efe 4:10.
(559) Luc 16:23,24; Att 1:25; Giu 6; 7; 1Pi 3:19.

2. Nell'ultimo giorni, coloro che saranno trovati in vita, non morranno, ma verranno mutati (560). Tutti i morti risorgeranno con il loro proprio corpo e non con un altro, anche se esso sarà qualitativamente diverso da prima, e questi corpi saranno riuniti ai loro spiriti per sempre (561).

(560) 1Te 4:17; 1Co 15:51,52.
(561) Gib 19:26,27; 1Co 15:42-44.

3. I corpi degli ingiusti saranno, per la potenza di Cristo, risuscitati ad una condizione di disonore; i corpi dei giusti, per il suo Spirito, ad una condizione di onore, e saranno resi conformi al corpo della sua gloria (562).

(562) Att 24:15; Gio 5:28,29; 1Co 15:43; Fil 3:21.

33. IL GIUDIZIO FINALE

1. Dio ha fissato un giorno nel quale giudicherà il mondo con giustizia per mezzo di Gesù Cristo (563), al quale il Padre ha dato autorità di giudicare (564). In quel giorno non saranno solo giudicati gli angeli apostati (565), ma pure tutte le persone che avranno vissuto su questa terra dovranno comparire davanti al tribunale di Cristo, per rendere conto di tutti i loro pensieri, le loro parole, e le loro opere, poiché ciascuno riceva la retribuzione delle cose fatte quand'era nel corpo, secondo quel che avrà operato, o bene, o male (566).

(563) Att 8:31.
(564) Gio 5:22,27.
(565) 1Co 6:3; Giu 6; 2Pi 2:4.
(566) 2Co 5:10; Ecc 12:14; Rom 2:16; 15:10,12; Mat 12:36,37.

2. Il fine per il quale Dio ha stabilito questo giorno è far conoscere le ricchezze della gloria della sua misericordia nella salvezza eterna degli eletti, e del suo giusto giudizio nella dannazione eterna dei reprobi, i quali sono duri ed impenitenti. Allora i giusti andranno a vita eterna e riceveranno la pienezza della gioia e tempi di refrigerio che derivano dalla presenza del Signore. I malvagi che non conoscono Dio e non ubbidiscono all'Evangelo del nostro Signore Gesù Cristo, saranno gettati nei tormenti eterni e puniti di eterna distruzione, respinti dalla presenza del Signore e dalla gloria della sua potenza (567).

(567) Mat 25:31ss; Rom 2:5,6; 9:22,23; Mat 25:21; Att 3:19; 2Te 1:7-10.

3. Come Cristo desidera che siamo persuasi con certezza che vi sarà un giorno di giudizio sia per scoraggiare gli uomini dal peccare, che per consolare maggiormente i fedeli nell'avversità (567), così desidera anche che gli uomini non conoscano la data di quel giorno perché abbandonino qualsiasi sicurezza carnale e veglino sempre non sapendo quando verrà il Signore, ed anche perché siano sempre pronti a dire: "Vieni, Signore Gesù, vieni presto!". Amen (568).

(567) 2Pi 3:11,14; 2Co 5:10,11; 2Te 1:5,6,7; Luc 21:7,28; Rom 8:23-25. (568) Mat 24:36,42,43,44; Mar 13:35,36,37; Luc 12:35,36; Apo 22:20.





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Il Postmillenarismo nelle confessioni di fede riformate

Riporto anche questa perché se pure non fa pare formalmente della nostra Confessione di fede ufficiale del 1689, condividiamo il paragrafo a seguire che è molto importante. La dichiarazione è una modifica della Confessione di fede di Westminster redatta nell'ottobre del 1658 da congregazionalisti inglesi riuniti nell'ottobre del 1658 nel Savoy Palace di Londra. Attivamente coinvolto nella sua redazione è il teologo puritano John Owen. La differenza fondamentale fra questa Confessione di fede e quella di Westminster si trova nell'aggiunta di un nuovo capitolo dal titolo: "L'Evangelo e l'estensione della grazia che esso offre". Altri cambiamenti includono la sostituzione degli articolo 30 e 26 con un'ecclesiologia congregazionalista. In questi capitoli si stabilisce l'autonomia delle comunità cristiane locali da organismi ecclesiastici superiori.

Dichiarazione di Savoy del 1658. Capitolo 26 paragrafo 5.
Come il Signore nella sua cura ed amore verso la sua Chiesa, nella sua saggia ed infinita Provvidenza esercitata con grande cambiamento in tutte le epoche, per il bene di coloro che lo amano, e per la sua propria gloria; secondo la sua promessa, aspettiamo che negli ultimi giorni, l'Anticristo sarà distrutto, gli ebrei chiamati, gli avversari del regno del suo amato Figlio sconfitti, le chiese di Cristo estese ed edificate attraverso una gratuita ed abbondante comunicazione di luce e di grazia e beneficeranno in questo mondo di una condizione più tranquilla, pacifica e gloriosa di quella che avranno beneficiato sino ad allora.

Catechismo Maggiore di Westminster. Domanda 191
Domanda: Per cosa preghiamo nella seconda petizione? (del Padre Nostro)
Risposta: Nella seconda petizione (cioè, "venga il tuo Regno"), riconosciamo che noi stessi e tutta l'umanità siamo per natura sotto il dominio del peccato e di Satana, preghiamo affinché il regno del peccato e di Satana venga distrutto, che il Vangelo sia propagato in tutto il mondo, che gli ebrei siano chiamati, che entri nella chiesa la pienezza dei gentili; che la chiesa si fornita di tutti gli uffici e le ordinanze del Vangelo, purificata dalla corruzione, sia protetta e sostenuta dalle autorità civili; che le ordinanze di Cristo siano amministrate con purezza e siano efficaci per la conversione di coloro che sono ancora nei loro peccati, e per confermare, confortare ed edificare coloro che sono già convertiti: che Cristo regni nei nostri cuori qui, e sia affrettato il tempo della sua seconda venuta, e il nostro regnare con lui per sempre e che sia compiaciuto di esercitare il regno della sua potenza in tutto il mondo, che tutto sia condotto a questi fini per il meglio.


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